HAYDN Trio in do maggiore BEETHOVEN Trio in re maggiore op. 70 n. 1 “Spettri” SHOSTAKOVICH Trio in mi minore op. 67 Trio Chagall (violino Edoardo Grieco violoncello Francesco Massimino pianoforte Lorenzo Vihn Nguyen)
Trieste, Teatro Miela, 29 gennaio 2020
Per il festival cameristico Playing, l’associazione Chamber Music, facendo di necessità virtù ha cercato e trovato una nuova sede nel Teatro che porta il nome di una pittrice triestina, prematuramente scomparsa nel 1972, protagonista dell’avanguardia anni sessanta: Miela Reina. Allestito al Miela un palcoscenico consono alle esigenze acustiche, Fedra Florit (direttrice artistica di Chamber Music) non avrebbe potuto sperare in esiti più soddisfacenti e in un avvio più festoso della stagione. Con Miela (casualità di assonanze pittoriche) hanno volato davvero i violinisti sul tetto di Chagall, ovvero i musicisti del giovanissimo Trio torinese chiamato ad inaugurare Playing. L’anno scorso i ragazzi di Chagall avevano fatto man bassa di premi al concorso Trio di Trieste. Sarà stato quel pizzico di maturità che forse allora era mancato (per il primo premio) e che in pochi mesi hanno raggiunto, fatto sta che adesso suonano come un complesso di ventennale esperienza (un’esperienza che scava negli strati profondi dell’opera) e nello stesso tempo come se si accostasse alla pagina musicale per la prima volta, con la trepidazione e la frenesia della giovinezza. Ma – ed è questo il segnale di una “identità” interpretativa, non di occasionale appariscenza – il Trio Chagall non sorprende con effetti vertiginosi, ma con la limpida continuità del discorso e la ricerca dell’equilibrio formale: insomma un rapporto di istinto, fantasia e ragione non frequente nei giovanissimi. Come affiora subito dal Trio in do maggiore di Haydn dove il pianoforte di Lorenzo Nguyen sembra sorgente e corrente dell’invenzione; ma soprattutto nel Trio beethoveniano in cui il Largo sembra scritto un secolo avanti e proprio tale senso si ammira il lavoro analitico fatto da Grieco, Massimino, Nguyen sul suono, sul fraseggio e sulle tensioni armoniche dell’op. 70. Infine quella sorta di sordina dell’angoscia e della desolazione applicata all’opera 67 di Shostakovich (Trio non a caso messo in programma in prossimità del giorno della memoria) e che porta ad un’interpretazione densa di pathos; fino alla eccitazione ritmica, alla sinistra “distorsione” dell’Allegretto finale. Di non comune temperatura le accoglienze del pubblico al Trio Chagall. Un successo indirizzato non ad una promessa, ma ad una felice realtà nello scenario italiano della musica da camera.
Gianni Gori