Recital di Anna Netrebko Orchestra del Teatro di San Carlo, direttore Jader Bignamini
Napoli, Teatro di San Carlo, 8 ottobre 2022
Il Teatro di San Carlo ha inaugurato la stagione dei concerti 2022-23 con un recital che ha anche segnato l’inizio delle celebrazioni per il centenario della nascita di Maria Callas. Sul palco c’era colei che ne è oggi considerata la degna erede, la diva della lirica contemporanea, il soprano russo Anna Netrebko.
Con l’orchestra del San Carlo diretta da Jader Bignamini, il programma prevedeva arie d’opera tratte dal repertorio italiano, francese, tedesco e russo; la Netrebko ha iniziato con tre titoli del repertorio italiano: “Piangete voi?… Al dolce guidami… Coppia iniqua” da Anna Bolena di Gaetano Donizetti, continuando con “Ben io tʼinvenni… Anchʼio dischiuso un giorno” dal Nabucco di Giuseppe Verdi e con “Un bel dì vedremo” da Madama Butterfly di Giacomo Puccini.
La seconda parte è stata dedicata ai repertori francese, russo e tedesco: si iniziava con “Printemps qui commence” da Samson et Dalila di Camille Saint-Saënse “Dieu! Quel frisson court dans mes veines?” da Roméo et Juliette di Charles Gounod.
Non poteva mancare una “aria di casa”, cioè un brano russo, lingua e repertorio che in qualche modo rappresentano il cuore della vocalità del soprano. Da La dama di Picche di Čajkovskij, ha eseguito “Uzh polnoch blizitsya… Akh! Istolimas ya gorem” quasi voluttuosamente, come se si avvolgesse nel velluto delle lunghe frasi del compositore. Il programma si concludeva con il Wagner di “Mild und leise” da Tristan und Isolde, un’esecuzione quasi ipnotica, tanta era il magnetismo che emanava dalla cantante.
Fin dal primo brano, la diva ha mostrato la sua magnifica vocalità, sontuosa e sensuale, capace di lunghi filati delicatamente modellati e sorretti da un controllo tecnico e del fiato perfetto. Del resto il programma, sebbene diviso in due parti ben marcate, era costruito in modo coerente, tutto incentrato com’era sui ruoli di eroine tragiche. La Netrebko ha superato con sicurezza i numerosi passaggi impervi, insistendo, come sa fare lei, su una interpretazione emotiva dei brani. Ognuno di essi pareva che accendesse in lei una reminiscenza di qualcosa di realmente vissuto, a volte con nostalgia, a volte con rimpianto.
L’Orchestra ha eseguiti come brani strumentali la Sinfonia del Nabucco, l’Intermezzo della Manon Lescaut di Puccini, l’Ouverture da Ruslan e Ljudmila di Glinka, e il Preludio del Tristan und Isolde.
Quello della diva russa non è stato un recital ordinario: la cantante non resta ferma davanti al leggio, ma si muove nel piccolo spazio ricavato tra podio e primi violini spinta dalla sua prorompente vitalità. Il direttore Bignamini ha tenuto la barra ben dritta ricavando dall’orchestra un suono pulitissimo.
Al termine, alla cantante è stato tributato un lunghissimo applauso, con un’insistente richiesta di bis, alla quale non si è sottratta: sagacemente, sceglie due brani vivaci e leggeri per fugare le oscure atmosfere wagneriane ed accendere l’entusiasmo del pubblico, che non si fa pregare a battere le mani a tempo.
Il primo bis è “Il bacio” di Luigi Arditi, un valzerino leggero e sorridente, e il secondo è il trascinante “Heia, in den Bergen” tratta dall’operetta Die Csárdásfürstin di Emmerich Kálmán. Qui la diva, seguendo l’incalzante ritmo, non si tratteneva dal fare piroette e mossettine che conquistavano definitivamente gli spettatori. Alla fine ovazioni, standing ovation e lancio di fiori, come si conviene all’erede dichiarata di Maria Callas.
Lorenzo Fiorito