Il viaggio proustiano della Recherche secondo Filiberti

Cahiers d’écriture: due studi preparatori per À la recherche du temps perdu di Marcel Proust; scritto e diretto da Marco Filiberti coreografie e movimenti scenici Emanuele Burrafato Performers: D. De Rossi, D. Masetti G. De Giorgi, Z. Zolferino, L. Tanganelli, A. Masciello, M. Odierna, A. Giusto, O. Marmoross, M. Massaro, P. Bovi. Una produzione Dedalus

Teatro degli Astrusi, Montalcino (SI), 6-7 dicembre 2024

Vi sono spettacoli che hanno ritmi e criteri costruttivi assolutamente musicali, pur basandosi principalmente sulla parola, usata sempre anche come sonorità. E difatti si respira musica in questi due calibrati e raffinati studi preparatori che Marco Filiberti, esigente regista sperimentatore con una solida preparazione musicale, ha presentato al pubblico in un teatro settecentesco come quello dell’Accademia degli Astrusi nel cuore di Montalcino in val d’Orcia. Si tratta solo del primo capitolo di uno spettacolo molto più ampio sulla complessa Recherche di Proust, che cerca di metterne in rilievo alcuni dei molti fils rouges del best seller. Un progetto certo impegnativo, che non può tuttavia spaventare un artista che ha già realizzato qualche anno fa un Don Carlo da Schiller e un Parsifal cinematografico innovativo e sorprendente che riassume due secoli di esegesi wagneriane (ne avevamo parlato a lungo nel numero 322 di MUSICA).

Dei molti temi della Recherche Fililberti per ora ne sceglie due. Nel primo studio inscena le cinquanta sfumature della gelosia tra tre coppie variegate (Marcel, appunto, e Albertine: storia destinata a fine tragica; Swann e Odette, Charlus e il violinista Morel). Storie che si intrecciano e si sovrappongono a ritmo forsennato come le voci di una patologica polifonia amorosa (“Frammenti di un discorso amoroso”, li avrebbe detti Roland Barthes). A colpire è anche la messa in scena con una giovane e duttile compagnia di attori che usa il corpo insieme alla parola formando talora cangianti e plastici tableaux vivants (ideati abilmente dal coreografo Burrafato). Il ritmo è quello di una partitura musicale con assiemi o squarci solistici, che le molto opportune musiche, scelte in modo assai competente (dalle Gymnopédies di Satie alla Valse di Ravel, dalla Sonata per violino di Franck a Addinsel), valorizzano ed accompagnano.

Nel secondo Cahier il tema si fa più concreto e unidirezionale e concerne la decadenza dell’arte, mettendo a confronto la tragédienne Berma (con cui si allude alla grande Sarah Bernhardt), che recita da grande attrice la Fedra di Racine, travolta dal suo debordante amore per il figliastro Ippolito, con la più giovane Rachel, protégé della Duchessa di Guermantes, espressione di un’arte moderna, à la page ma più superficiale. È una riflessione sulla funzione dell’arte e sull’evoluzione attraverso il fallimento a cavallo tra Otto e Novecento. Anche qui le musiche sono d’autore, dal Tango di Stravinskij alla Méditation di Massenet, da Bruckner a Debussy. Anche in assenza totale di scenografie, il milieu sociale di Proust (il salotto della arricchita ma un po’ rozza Madame Verdurin) ne esce scandito tra nobili e amanti dell’arte, esteti, artisti in cerca di sostegno. Un trapasso generazionale con la Bernhardt ormai malata, costretta ad esibirsi dal suo agente e quasi travolta dal nuovo che avanza inesorabile.

L’autore stesso ammette che “la musica va a costituire una vera e propria metadrammaturgia perfettamente connessa con il testo e i sottotesti”. Gli undici attori diventano performers completi di un teatro totale o tridimensionale, che prima illustrano l’illusione del possesso di un essere umano su un suo simile, atteggiamento che si manifesta in atteggiamenti inquisitori ed ossessivi, distruttivi, poi testimoniano il trapasso tra un’arte classica e universale ed una sperimentale e d’avanguardia, ossequiosa ai gusti del pubblico di cui si cerca il consenso. Temi non datati, che si attende di vedere ampliati e approfonditi nel più ampio e complesso lavoro di Filiberti su Proust previsto per il 2027, anno del centenario della pubblicazione postuma del settimo ed ultimo volume della Recherche (Il tempo ritrovato) ad opera del fratello Robert. Un progetto che non a caso ha preso avvio nel 2022 dal centenario della morte dell’autore (1922). Il testo dei due Cahiers tradotto in italiano è di Giovanni Raboni.

Prossimi appuntamenti col regista a Firenze per una mostra dedicata al suo pluripremiato film Parsifal (2021) e in marzo al Teatro dei Rozzi di Siena per la ripresa del Don Carlos ispirato a Schiller.

Lorenzo Tozzi

Data di pubblicazione: 9 Dicembre 2024

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