MOZART Sonata n. 21 per violino e pianoforte in mi minore K 304 JANÁČEK Sonata per violino e pianoforte n. 3 VII/7 PAGANINI I palpiti op. 13 BRAHMS Sonata n. 3 per violino e pianoforte in re minore op. 108 violino Simon Zhu pianoforte Sophie Pacini
Cerro di Laveno, Chiostro di Palazzo Perabò, 17 agosto 2024
Anche limitandosi al Lago Maggiore, non pochi sono gli appuntamenti musicali estivi di grande qualità, tra rassegne storiche (lo Stresa Festival, iniziato proprio ieri sera, di cui Luca Segalla ha parlato sul nostro sito), altre più recenti (il Lago Cromatico, tutt’ora in pieno svolgimento) e oltreconfine (le Settimane di Ascona, che inizieranno il 31 agosto). Ma anche il Festival LagoMaggioreMusica (così, tutto attaccato…), organizzato da un’istituzione storica e gloriosa come la Gioventù Musicale, spegne quest’anno ben 30 candeline: un compleanno che vede il ritorno di nomi che hanno debuttato grazie alla Gioventù e poi hanno fatto grandi carriere, ma anche l’esibizione di talentuosi vincitori dei più importanti concorsi internazionali. Il Festival, iniziato il 26 luglio e fitto di appuntamenti fino al prossimo sabato 24 agosto, vede così – scegliendo senza troppa attenzione – il chitarrista Io Yamada, vincitore del Pittaluga 2023, il violinista Guido Sant’Anna (primo premio al Kreisler 2022), il notissimo Quartetto di Cremona, il vincitore del Busoni 2023 Arsenii Moon e, venendo alla nostra recensione, il violinista tedesco Simon Zhu, che ha conquistato il Paganini lo scorso autunno. Con lui c’era Sophie Pacini, che nel 2017 avevamo premiato con lo Young Artist Award degli ICMA e che poi ha mantenuto le promesse di un talento cristallino, che la maturità ha sviluppato in maniera compiuta.
Il programma portava il “peso” della quasi obbligatoria presenza di un cavallo di battaglia del virtuosismo paganiniano come I palpiti, serie di funamboliche variazioni costruite sul tema della cavatina del Tancredi rossiniano: nonostante qualche disturbo esterno (un gruppo di rumorosi piccioni che turbavano la peraltro ottima acustica del Palazzo Perabò di Cerro), Zhu ha fatto valere le carte del grande virtuoso, nonostante qualche armonico non immacolato, ma palesando soprattutto quella capacità di prendersi rischi folli senza mai deragliare (o almeno senza farlo troppo!) che è quanto rendeva, e tuttora rende entusiasmante questo repertorio. Ma Zhu si è rivelato anche un musicista molto interessante nel resto del programma, benissimo concepito: dalle atmosfere malinconiche della Sonata n. 21 di Mozart, che riflette lo stato d’animo di Wolfgang dopo la morte della madre, alla rara Sonata di Janáček (l’unica esistente, pur portando il numero 3, le altre essendo perdute), per terminare con un capolavoro come la Terza sonata di Brahms.
Nelle tre pagine, l’intesa tra Zhu e la Pacini, pur non ancora di lunga data, mi è parsa funzionare benissimo: la pianista italo-tedesca ha la sensibilità nell’assecondare le intuizioni, talora improvvise, del partner senza soccombere e mantenendo, pur con uno strumento non certo esaltante, un fraseggio sempre vivo, brillante e pronto a improvvisi ripiegamenti. Particolarmente riuscita è stata la prima parte del concerto: per l’esecuzione della Sonata di Mozart, elegante ma fatta di carne e sangue, con ripiegamenti subitanei, e con la capacità – da parte di Zhu – di sfumare il suono fino al sussurro senza mai cedere nell’intonazione, ma anche per gli umori bruschi e quasi selvaggi, fra influssi zigani e squarci di tenebre, che caratterizzano la Sonata di Janáček. Come scrive Sergio Sablich, qui “siamo davvero vicini a quelle zone della psiche di cui ci parlano Kafka e Kundera nei loro romanzi”. Zhu, forse, è ancora troppo attento alla correttezza formale per potere sprofondare in quegli abissi: ma la strada intrapresa è quella giusta. E pazienza se, per adesso, questo Brahms non è ancora convincente: è solo, secondo me, questione di tempo.
Con molta classe, la Pacini ha lasciato il bis al solo Zhu (un brillante Capriccio n. 24) per poi chiudere insieme con la ripetizione del movimento lento della Sonata brahmsiana. Pubblico davvero molto folto e partecipe, e applausi lunghissimi.
Nicola Cattò