Il 15 marzo scorso è venuto a mancare, dopo una lunghissima e invalidante malattia, il dott. Antonio Latanza, già direttore del Museo Nazionale degli strumenti musicali di Roma e assai noto collezionista discografico e di rulli per autopiano. Il mio primo incontro con Latanza avvenne attorno al 1994 per realizzare una produzione CD dei Quartetti Op. 18 di Beethoven col Quartetto Léner tratti dai suoi preziosi 78 giri: passai due giorni a Roma in sua compagnia e mi fece visitare il ‘suo’ Museo, sito in un magnifico palazzo di tre piani in Piazza di Santa Croce in Gerusalemme e che tutt’ora conserva le centinaia di strumenti collezionati dal tenore Evan (Gennaro Evangelista) Gorga, il primo famoso Rodolfo della Bohème torinese del 1 febbraio 1896. Latanza mi raccontò quanto lavoro fu fatto nel 1974, da parte del Ministero della Cultura italiano, per acquisire quell’enorme raccolta di strumenti, per poi sistemarli in un luogo di prestigio e per mantenere vivo l’interesse attorno a nuove e importanti acquisizioni di strumenti musicali. La fondatrice del museo fu Luisa Cervelli, ricercatrice di grande competenza, intraprendenza e molto apprezzata studiosa di organologia, che col tempo arricchì la collezione del Museo con altri pezzi pregiatissimi, tra i quali l’arpa (costruita tra il 1605 e il 1620) appartenuta ai Barberini e uno dei ter soli pianoforti sopravvissuti di Bartolomeo Cristofori, datato 1722.
L’incontro tra Luisa Cervelli e Antonio Latanza avvenne negli uffici dell’allora Discoteca di Stato, luogo di incontro di musicisti e studiosi e nei cui scaffali venivano conservati i dischi del cosiddetto ‘deposito legale’ della fonoteca statale: lì dovevano essere catalogate e rese disponibili anche le produzioni ‘private’ documentaristiche di concerti con strumenti antichi appartenenti al museo romano. L’incontro tra i due appassionati e studiosi portò ad una sincera amicizia e reciproca stima. Antonio Latanza, nato a Taranto il 13 luglio del 1946 e figlio del Senatore Vincenzo Latanza, si laureò brillantemente in giurisprudenza nel 1979 ma non volle mai frequentare l’ambiente dell’avvocatura: spirito libero (così si definì in una mia intervista del 2017) non trovava consono ai suoi interessi l’ambiente del Foro romano, ottenendo un buon lavoro di archivista presso la Discoteca di Stato. A dieci anni dalla creazione del Museo, Luisa Cervelli raggiunse l’anno del pensionamento e scelse, come suo successore, il trentottenne Latanza, “l’uomo giusto al momento giusto” (dichiarò la direttrice), creando non pochi ‘mal di pancia’ nel mondo politico romano: Latanza fu sempre uomo dei fatti e non delle parole, e piuttosto che vedere disperso questo o quello strumento musicale in cantine o soffitte, pagava di tasca propria l’acquisto e/o il restauro di numerosi pezzi del museo. Di pari passo egli divenne uno dei più apprezzati collezionisti di dischi e di rulli per autopiano italiani: tutte le sue raccolte si erano caratterizzate in ben specifici settori musicali, come la musica registrata di Ferruccio Busoni, oppure la scuola pianistica russa, e ancora l’opera napoletana del periodo Barocco. Divenne, in questi anni, amico sincero di Carlo Zecchi, di Mario Ceccarelli, di Domenico Ceccarossi e di Daniele Lombardi. Tra il 2006 e il 2007 emersero i primi sintomi della malattia degenerativa, la sclerosi multipla, che lentamente lo isolerà nel suo appartamento; ciò nonostante – grazie anche ad una intensa attività di studioso e scrittore, e con l’aiuto di internet – mantenne contatti frequenti con studiosi e collezionisti di tutto il mondo.
Il primo contatto fra Antonio Latanza e il dipartimento di Musicologia avvenne per merito della dott.ssa Laura Mauri Vigevani (già docente presso il Dipartimento di Musicologia e Beni culturali dell’Università di Pavia, con sede a Cremona) specialista di organologia. A lei si deve il fatto di aver attratto l’attenzione di Latanza non solo sull’attività didattica e di ricerca condotta sugli strumenti musicali (e sui beni musicali in generale), ma anche sullo sforzo compiuto all’interno del Dipartimento per garantire concretamente la cura e la valorizzazione di alcuni fondi musicali pervenuti in dono.
La consapevolezza del livello delle azioni di studio e di salvaguardia del patrimonio musicale promosse dal Dipartimento, indussero Antonio Latanza a considerare l’istituzione cremonese come luogo ideale di una parte delle sue ricche collezioni. Fu così che, tra il 2015 e il 2019, si poté trasferire a Cremona una parte sostanziale della collezione, costituendo il ‘’Fondo Latanza’ che fu inaugurato con una memorabile cerimonia tenutasi presso il Dipartimento il 10 aprile del 2017 alla presenza di dello stesso Latanza, con la cessione di quasi 2.700 dischi in gommalacca, di migliaia di dischi in vinile e centinaia di CD, di innumerevoli nastri magnetici, di oltre 1.800 rulli per autopiano, oltre a materiale documentario relativo a studi compiuti da Latanza o ancora in svolgimento.
L’ultimo lavoro editoriale di Antonio Latanza fu il volume Il pianoforte meccanico nel XX secolo e oltre: appunti di studio (Genova, De Ferrari, 2019) al quale stava ancora lavorando ad una revisione nel 2021, nonostante la malattia fosse ormai padrona di ogni suo movimento e pensiero. Di lui ricordo (e mi mancano) la perfetta conoscenza del mondo musicale romano, l’enorme sapienza discografica, le sue battute sagaci, quel vivere la leggerezza del momento senza mai scadere nel vacuo. Nella mente ho il suono della sua voce degli ultimi anni, voce affaticata dai discorsi di difficile comprensione, rimpiangendo il non aver conservato, nel mio cerebro, la sua voce dei tempi d’oro.
Giampaolo Zeccara