BIZET Carmen A. Akhmetshina, D. Popov, M. Olivieri, P. Doyen, N. Donini, S. Zanetti, F. Hasler, A. Cueva Molnar, R. Mengus, L. Félix, S. Valentino; Orchestra, Coro e Balletto del Teatro di San Carlo, direttore Dan Ettinger regia Daniele Finzi Pasca scene Hugo Gargiulo costumi Giovanna Buzzi luci Alexis Bowles coreografia Maria Bonzanigo
Napoli, Teatro di San Carlo, 25 ottobre 2024
La ripresa al Teatro San Carlo della produzione della Carmen già vista nel 2015 e nel 2017, se da un lato ha mitigato alcune precedenti perplessità sulla regia di Daniele Finzi Pasca, dall’altro ha confermato il giudizio di una certa leggerezza della drammaturgia, che denunciava l’estrazione circense del regista. Resta l’opinione che la messinscena non abbia attinto alle profondità dell’opera, centrata com’era su una dimensione folkloristica piuttosto che su quella tragica, che è il vero cuore del lavoro di Bizet. Questo approccio rendeva lo spettacolo certamente brillante, ma poco coerente con l’aura di fatalità e morte che incombe su Carmen.
La scenografia di Hugo Gargiulo presentava luminarie da festa patronale, e una sfera sospesa fatta di lampadine, che evocavano atmosfere trasognate che si scontravano con la drammaticità dei personaggi e l’oscura sensualità dell’opera. Alcune idee sceniche erano abbastanza modeste, come le teste di toro su rotelle, che spinte una contro l’altra durante il duetto tra Don José ed Escamillo, facevano da controscena alla contesa tra i due “maschi alfa”. Tra le scelte più eccentriche c’erano i tubi al neon mossi da mimi, che rappresentavano i picchi emotivi, o magari i lacci sociali che avviluppano Carmen, ma alla lunga risultavano fastidiosi.
Mancando un vero approfondimento dell’umanità tormentata dei protagonisti, ecco che ne venivano fuori delle figurine: Carmen appariva come una femme fatale, Don José come uno stalker, Escamillo come un bullo di periferia, e Micaëla come una donnina goffa. Tuttavia, nel terzo e quarto atto, lo spettacolo guadagnava in forza drammatica, sviluppando una crescente, coinvolgente tensione.
Quanto ai cantanti, il mezzosoprano russo Aigul Akhmetshina ha dato di Carmen una caratterizzazione marcatamente sensuale, sia per il timbro vocale caldo e avvolgente, con un uso indulgente del vibrato, sia per la seduttiva gestualità. La cantante passava con facilità dai toni scuri a quelli luminosi, con una linea di canto ben proiettata.
Selene Zanetti ha offerto una prestazione meno convincente rispetto alla protagonista, con poca profondità di timbro: tuttavia nelle ultime scene riusciva a mettere nella voce di Micäela il calore e l’amore richiesti, ma senza momenti memorabili.
Il Don José di Dmytro Popov si è rivelato una scelta convincente, a suo agio con le dinamiche vocali del ruolo, interpretato con una qualità vocale e una presenza scenica in linea con il personaggio.
Come Escamillo, Mattia Olivieri, che è baritono di buon timbro, ha mostrato poca finezza nel fraseggio, anche perché la postura attoriale da gradasso ne ha in parte penalizzato la linea di canto.
Meritano particolare menzione i coprotagonisti, perfettamente integrati come erano nella trama dell’opera. Floriane Hasler (Mercédès) e Andrea Cueva Molnar (Frasquita) hanno aggiunto vivacità alla narrazione; Pierre Doyen e Nicolò Donini, nei panni di Moralès e Zuniga, hanno offerto performance solide e ben caratterizzate. Anche ottimi Le Dancaire di Régis Mengus e Le Remendado di Loic Félis, che hanno saputo rendere i loro ruoli con brio e abilità.
Il direttore Dan Ettinger ha rinunciato a tirar fuori tutta la smisurata vitalità della partitura, di cui ha come smorzato l’energia e le esplosioni emotive, tuttavia mantenendone la varietà di colori. Da segnalare le buone performance del coro, diretto da Fabrizio Cassi, e del corpo di ballo preparato da Clotilde Vayer con coreografie di Maria Bonzanigo. Eccellente come sempre il coro di voci bianche, diretto da Stefania Rinaldi. Il pubblico napoletano ha approvato calorosamente, applaudendo alla fine con convinzione tutti i protagonisti.
Lorenzo Fiorito
Foto: Luciano Romano