MOZART Sinfonia n. 20 in RE maggiore K 133; Concerto per fagotto e orchestra in SIb maggiore, K 191/186e; Musica funebre massonica in DO minore, K 477/479a; Concerto per clarinetto e orchestra in LA maggiore, K 622 (1791) clarinetto Daniel Ottensamer fagotto Riccardo Terzo Camerata Salzburg, direttore Ton Koopman
Per la serata inaugurale della nuova stagione MUSICA 2023 del Teatro “Ponchielli” di Cremona, sabato 28 gennaio la Camerata Salzburg ha proposto un intero programma dedicato – manco a dirlo – a Wolfgang Amadeus Mozart. La massima dello storico fondatore dell’orchestra da camera, Bernhard Paumgartner, ne restituisce ancora oggi, a settant’anni dalla sua costituzione, la più vivida e palpabile sensazione all’ascolto: «fare musica sotto la propria responsabilità all’interno della comunità orchestrale». Alla fine di una trionfale esecuzione, le strette di mano e gli abbracci tra gli orchestrali fanno capire che l’organico strumentale è in realtà un organismo pulsante il cui perfetto funzionamento dipende dal mutuo e continuo scambio tra azione e reazione. E in questo gioco delle parti, in cui tutti assumono valore individuale solo se annullati nel gruppo, anche il solista più blasonato è – comunque sia – un primus inter pares. Persino il direttore che, di volta in volta, la Camerata Salzburg sceglie come loro mentore. Ton Koopman – organista e clavicembalista di razza, dunque fondamentalmente un solista – ha incarnato, seppur virtualmente, il precetto di Paumgartner, dialogando alla pari e ascoltando l’orchestra che ha diretto per l’occasione.
La Sinfonia n. 20 in Re maggiore, K 133 e la Musica funebre massonica in Do minore, K 477/479a, pagine orchestrali introduttive ai Concerti mozartiani per strumento solista (fagotto K 191/186e; clarinetto K 622), hanno mostrato una concertazione asciutta, chiaroscurale, a tratti aspra. L’uso di trombe e timpani storici, la quasi totale assenza del vibrato degli archi e un’escursione dinamica a blocchi hanno contribuito alla resa di una lettura – forse – troppo zelante e per nulla incline all’iridescenza del tessuto orchestrale. Poco importa, perché la parte dei leoni l’hanno avuta i due stupefacenti solisti – il fagottista Riccardo Terzo e il clarinettista Daniel Ottensamer – veri e propri catalizzatori di una prodigiosa serata musicale. Il colore del fagotto di Terzi è di beltà timbrica suadente, fraseggio belcantistico e tecnica smagliante. A grande richiesta è risuonato un bis da favola: Voi che sapete (da Le nozze di Figaro) per fagotto con accompagnamento degli archi in pizzicato. La precisione e l’intensità del clarinetto di Ottensamer hanno scolpito una lettura che, pur nella sua sobrietà, è risultata incisiva e trasfigurante. Tra le ovazioni di un nutrito pubblico – che a dire il vero si è notevolmente svecchiato negli ultimi tempi – il solista si è esibito in un brano a solo, probabilmente realizzato estemporaneamente, esemplare per maestria delle messe di voci. Molto democraticamente, prima di salutare per l’ultima volta l’inebriata platea cremonese, la compagine orchestrale, i solisti e il direttore sono comparsi tutti insieme – secondo la loro peculiare cifra – per un ringraziamento comunitario.
Michele Bosio