VIVALDI Concerto in si per quattro violini, violoncello, archi e basso continuo RV 580 (dall’Estro armonico op. 3), Le quattro stagioni violini Davide Scalese Civati, Simone Ceriani, Tiziano Giudice e Chiara Borghese Gli Archi dell’Orchestra Sinfonica del Conservatorio di Milano, direttore Pietro Mianiti
Varese, Basilica di San Vittore, 23 giugno 2021
Come suonano agili e festosi i ragazzi dell’Orchestra del Conservatorio di Milano! Nelle Quattro stagioni si va sul sicuro con il pubblico ma si corrono dei rischi sul piano musicale, perché la scrittura vivaldiana lascia gli archi molto scoperti ed ogni imprecisione nelle note si avverte, ogni incertezza nell’articolazione del fraseggio perturba l’impulso ritmico, ogni scompenso tra il violino solista e il tutti dell’orchestra crea problemi. A Varese, invece, nel terzo appuntamento della Stagione Estiva del Comune, si respirava aria a pieni polmoni, perché l’Orchestra sinfonica del Conservatorio di Milano ha regalato un Vivaldi pieno di luce, ritmicamente gradevole e ben concertato da un Pietro Mianiti che durante il concerto ha fatto il minimo indispensabile, ma che ha evidentemente lavorato bene durante le prove.
I ragazzi sono una quindicina e suonano in piedi, come si faceva nel Settecento, anche se con strumenti moderni. L’acustica un po’ risonante della Basilica di San Vittore ha aiutato a trovare un buon amalgama timbrico, ma se con un’acustica generosa si esagera nel colpo d’arco si rischia la confusione ed invece tutto era trasparente e nitido. Certo, mancavano la cristallina purezza, gli stacchi di tempo elettrici e le finezze nell’articolazione del fraseggio delle orchestre barocche e degli interpreti filologici. Si deve però considerare che i giovani di questa orchestra hanno un’età compresa tra i 15 e i 22 anni, un’età in cui di solito in Vivaldi si arriva giusto ad una buona lettura scolastica, mentre noi abbiamo ascoltato un Vivaldi convincente per gli equilibri timbrici, lo stile ed anche la pulizia, a parte qualche perdonabile sbavatura, ma soprattutto travolgente per la naturalezza del fraseggio; Mianiti ha preferito, infatti, non spingere troppo sull’acceleratore della velocità evitando nel contempo di cercare preziosità timbriche che avrebbero potuto far perdere freschezza all’esecuzione.
Le orchestre giovanili vanno di moda, ma qui stiamo parlando di un’orchestra di giovanissimi, attiva solo da un paio d’anni. È difficile trovare termini di paragone in Italia, perché le orchestre con un’età media così bassa sono sostanzialmente — ed anche giustamente — formazioni scolastiche, palestre di esercitazioni orchestrali e non orchestre in grado di suonare a un livello professionale: per fare dei confronti bisogna guardare all’estero, penso alla Bundesjugendorchester in Germania, che ha un’età media simile a quella dell’Orchestra del Conservatorio di Milano.
Nelle Quattro stagioni, però, senza solisti adeguati non si va da nessuna parte ed a Varese i solisti hanno superato brillantemente la prova, affrontando tutti assieme di slancio e in scioltezza il Concerto in si per quattro violini, violoncello, archi e basso continuo RV 580 per poi dividersi i concerti delle Stagioni. Il livello tecnico non era lo stesso per tutti e qualcuno – penso a Davide Scalese nella Primavera – è apparso un poco nervoso, però nel complesso hanno suonato tutti con freschezza, come si è visto proprio nel Concerto in si, mostrando di trovarsi a proprio agio nella scrittura vivaldiana, sempre insidiosa per il solista. Va sottolineata la prova di Chiara Borghese nell’Inverno, a volte non intonatissima e non sempre levigata nel timbro però capace di muoversi con autorevolezza e scioltezza nel fraseggio, in particolare nel movimento conclusivo e va sottolineata ancora di più la prova di Tiziano Giudice nell’Autunno, elegante nel fraseggio, dotato di un bel sono morbido e sempre a suo agio nei passaggi di agilità in virtù di un’ottima tecnica dell’archetto. Era da apprezzare anche Simone Ceriani nell’Estate, in particolare nel fraseggio cantabile del secondo movimento e nella “tempesta” conclusiva, affrontata con un piglio sbarazzino insieme a tutta l’orchestra.
I lunghissimi applausi al termine della serata rappresentavano qualcosa di più dell’affettuoso e doveroso tributo ad un’orchestra di giovanissimi e andavano anche oltre l’applauso liberatorio di chi può finalmente tornare a partecipare alla festa della musica dal vivo: erano gli applausi sinceri di chi ha assistito a un concerto piacevole e pieno di energia.
La sensazione è che i giovani del Conservatorio di Milano cresceranno e cresceranno molto bene.
Luca Segalla