HAYDN Sinfonia n. 93 in re maggiore Hob. I:93 MOZART Concerto per clarinetto e orchestra in la maggiore K 622; Sinfonia n. 39 in mi bemolle maggiore K 543 clarinetto Michael Rusinek Budapest Festival Orchestra, direttore Manfred Honeck
Budapest, Liszt Academy, 14 dicembre 2024
Manfred Honeck appare col consueto sorriso rassicurante sul palcoscenico dell’Accademia Franz Liszt per una serata dedicata ad Haydn e Mozart. Le tre pagine proposte appartengono alla fase più matura dei due compositori e sono accostabili per le scelte e la ricchezza timbrica proposte a sostegno di un equilibrio formale ormai smaliziato. L’opposizione tra quartetto d’archi e “tutti” nel secondo movimento della Sinfonia di Haydn, il gioco umoristico del fagotto al termine del Presto ma non troppo, oppure la funzione non esclusivamente solistica, ma concertante del clarinetto nel concerto mozartiano o i dialoghi tra sezioni lungo tutta la Sinfonia in mi bemolle maggiore sono indici di una ormai raffinata sensibilità nell’utilizzare i timbri dei singoli strumenti in un gioco che va oltre l’impiego abituale, ma ricerca sperimentazioni supportate anche dalle innovazioni tecniche che man mano avrebbero modificato la tecnica esecutiva, risolvendone i problemi.
La serenità trasmessa da Honeck al suo apparire è la medesima che emana dalla prima delle sinfonie londinesi di Haydn, dove lievi increspature sono subito risolte da una visione ancora positiva della propria attività compositiva.
La Budapest Festival Orchestra è compagine dal timbro molto personale, caldo dove occorre, raffinato e scattante se necessario, con una eccellente differenziazione dei timbri strumentali tra le varie sezioni, sì che i dialoghi interni appaiono con maggior evidenza ad esaltare la scrittura del musicista austriaco. Honeck trattiene quando occorre l’entusiasmo virtuosistico delle prime parti, accarezza il suono, incita al dialogo e al raffinato cesello delle frasi, lasciando infine a briglia sciolta gli orchestrali in un finale che accende gli entusiasmi della sala.
Un sontuoso cambio di timbro, ovattato e delicato, dal legato che procede con ampiezza senza perdere di vista il particolare è quanto stupisce nell’incipit del Concerto in la maggiore di Mozart. Sorretto in toto nelle intenzioni da Michael Rusinek, primo clarinetto dell’Orchestra sinfonica di Pittsburgh della quale Honeck è direttore principale da alcuni anni. Notevole la gamma timbrica sfoggiata da Rusinek e la ricerca di fraseggio sempre vario e attento ai valori musicali mozartiani, sviluppando il proprio ruolo solistico in un costante dialogo con l’orchestra. Il tessuto sonoro ricco ma delicato ha così assecondato non solo le necessità di equilibrio col solista, ma dell’intera partitura con una accoglienza più che festosa da parte del pubblico e numerose chiamate per il solista e direttore.
Il quale ha infine offerto una lettura di pari profondità e ricchezza della terzultima sinfonia mozartiana, nella quale forma e invenzione si superano in fantasia per il preziosismo del quale è arricchita ogni battuta, quasi a voler ricercare nelle proprie capacità traguardi introspettivi sempre più elevati. Honeck riesce a mantenere l’equilibrio tra tale rarefatta profondità e l’altrettanto necessaria leggerezza che fa da contrappeso quasi a nascondere i lati più complessi della partitura.
L’esito finale di una lettura così approfondita e al pari partecipata dalla formidabile orchestra ungherese si ha nell’esplosione di applausi al termine dell’allegro finale, ritmati ad ogni uscita del direttore e necessari per richiamarlo a ricevere i meritati ringraziamenti cui risponde col medesimo sorriso iniziale.
Emanuele Amoroso