La Fenice a San Marco sui sentieri della tradizione

“OMAGGI A PUCCINI DAL MONDO”

Teatro La Fenice, Piazza San Marco, Venezia

13 luglio 2024

Dopo quattro serate dedicate alla musica leggera, in Piazza San Marco a Venezia arriva la lirica, con il concerto di mezza estate del Teatro La Fenice dedicato al centenario dalla morte di Giacomo Puccini. L’evento, trasmesso in diretta su Rai 5, è la punta di diamante dell’offerta culturale dell’estate veneziana, sia per la cornice che incanta – a fare da sfondo all’orchestra e al coro c’è la maestosità delle Procuratie Vecchie – sia per le riprese aeree della Piazza e del Bacino di San Marco al tramonto, che commuovono per bellezza e suggestione.

Sul palco del salotto d’Europa il direttore d’orchestra statunitense James Conlon, dal 2016 al 2020 Direttore Principale dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, cui è stata affidata la responsabilità musicale di Coro e Orchestra del Teatro La Fenice, con Alfonso Caiani maestro del Coro. Solisti il soprano vicentino Selene Zanetti, il tenore americano Brian Jagde, arrivato a Venezia all’ultimo momento per sostituire Francesco Demuro, e il pianista russo classe 2001 Alexander Malofeev, salito alla ribalta internazionale con il primo premio al Concorso Ciaikovski per Giovani Musicisti. In programma, pagine di Gershwin, Verdi, Ravel, Wagner e dello stesso Puccini.

La ricorrenza del centesimo anniversario della morte di Giacomo Puccini rappresenta in tutto il mondo un’occasione per celebrare l’arte di uno degli operisti più eseguiti in assoluto della storia della musica. Le pagine del maestro, di grande intensità emotiva, sono ancora oggi capaci di rapire generazioni di spettatori, e hanno il merito di convincere e appagare allo stesso modo neofiti e cultori della lirica. Dunque non sarebbe neppure stato necessario, per lo spettacolo di congedo del Sovrintendente Fortunato Ortombina, che ben presto sarà di stanza alla Scala di Milano, comporre un programma così eterogeneo.

Appare chiaro che la programmazione di Mamma Rai debba fare i conti con un pubblico sempre più affamato di panem et circenses e sempre meno attento a questioni di tecnica e di stile. Le note di sala di Carla Moreni cercano di contestualizzare, promettendo brani e autori in qualche modo legati, per influenze e scambi, al compositore lucchese, ma la sensazione è che la diretta televisiva abbia imposto uno zibaldone di musiche di indubbio impatto spettacolare, che hanno come comune denominatore quello di essere note al grande pubblico.

In particolare, perplime – per dirla alla Guzzanti – la scelta del finale di Alfano, che, sebbene di effetto, reca un’altra impronta rispetto a quella del maestro Puccini. Inoltre, la defezione di Demuro contrae ulteriormente il programma originale, già scarno d’opera lirica, dal quale viene espunto “O soave fanciulla”, l’unico duetto previsto.

Fra i 5000 spettatori, pochissime autorità e molti turisti stranieri. Chiude la serata un acquazzone inaspettato che scende sulle note conclusive di “Padre augusto”, e che costringe il pubblico a interrompere gli applausi per ripararsi e a fuggire di corsa, congedando gli artisti senza bis mezz’ora prima del previsto e lasciando un po’ di amaro in bocca per una serata che si era preannunciata l’evento mediatico dell’estate veneziana.

Dal punto di vista musicale, l’Orchestra e il Coro del Teatro La Fenice si riconfermano un’eccellenza al livello delle principali orchestre europee e nordamericane. La prova – nonostante l’ambientazione in esterna e l’amplificazione – è precisa, il suono pieno, compatto, ricco di colori e sfumature. Il repertorio valorizza l’arduo compito dei fiati, come quello delle percussioni, che mantengono alto lo standard esecutivo pur in un ambiente aperto, umido e caldo, ed eccellono nei soli. La concertazione di James Conlon è piuttosto ordinaria, con equilibrio dei pesi sonori e una buona incisività. Il direttore americano ha un repertorio vasto che conosce approfonditamente, dirige a memoria e garantisce un ottimo livello di affidabilità. Probabilmente, per musiche super inflazionate come quelle in programma, non ci si poteva aspettare molto di più di quello che abbiamo ascoltato: un’esecuzione accurata, con una sostanziale adesione allo spirito della pagina.

Cameo della serata la Rhapsody in Blue di George Gershwin, proposta nel centenario dal debutto, avvenuto il 12 febbraio 1924 a New York, per la cui interpretazione è stato scelto Alexander Malofeev, giovanissimo pianista russo in gran carriera. Malofeev è certamente un funambolo, e sin dalle prime note ostenta grande sicurezza e una tecnica agguerrita. Abbaglia, non manca una nota, e i suoi indiscussi mezzi meccanici gli permettono di accedere a qualsiasi repertorio pianistico, in particolare quello dall’elevata percentuale di nero sulla pagina. I microfoni probabilmente non gli rendono la giustizia che merita, e quello che ne esce è una performance muscolare, che aggredisce la tastiera con tocco ferino e martellante e che incalza anche nelle oasi di respiro che Gershwin concede alternando i ritmi afro-americani ai blues malinconici. Nel complesso, però, il pubblico gradisce la parentesi incandescente.

Dopo il forfait di Demuro, arriva a Venezia poche ore prima dello spettacolo il tenore Brian Jadge. Durante la prova con l’orchestra accenna solamente, e anche durante il concerto dà la sensazione di non sentire il bisogno di appoggi nel direttore o nella spalla. Il risultato è una prestazione franca e disinvolta, ottimamente cantata, ma deliberatamente scollata dall’orchestra e con un fremito che potrebbe essere ben più travolgente se alle ragioni del canto Jagde affiancasse anche un’intenzione più vigorosa.

Molto più appaganti le tre arie interpretate da Selene Zanetti, soprano della scuderia di Raina Kabaivanska, che già giovanissima aveva debuttato a Venezia Mimì nella Bohème. La Zanetti è pienamente ispirata e sfoggia il suo timbro incantevole, incastonato in un registro acuto luminoso, in una voce corposa e ben proiettata, che si irrobustisce nel commovente finale, e che soprattutto rende giustizia allo spirito delle eroine pucciniane, piene di pathos e vulnerabilità.

Giulia Vazzoler

Data di pubblicazione: 16 Luglio 2024

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