MOZART Sinfonia n. 29 in la maggiore K 201 HAYDN Concerto n. 1 in do maggiore per violoncello e orchestra Hob. VIIb:1; Sinfonia n. 95 in do minore Hob. I:95 violoncello Giovanni Gnocchi Orchestra dell’Università degli Studi di Milano, direttore Umberto Benedetti Michelangeli
Milano, Aula Magna dell’Università degli Studi di Milano, 29 marzo 2022
La bellezza dell’ascolto dal vivo, della quale ci si è ancor più convinti proprio durante il recente periodo di stallo forzato degli spettacoli, regala momenti di profonda commozione. Tale è stato il bis offerto dal violoncellista Giovanni Gnocchi, accompagnato dal primo violoncello dell’orchestra, Marianna Sinagra. Un postludio di Valentin Silvestrov, compositore ucraino, che riflette sulle ultime note, sulle chiusure di un brano come aperture verso altro: lento, rarefatto incedere di silenzi e suoni in alternanza dal profondo risvolto metafisico. La sala, ammutolita dopo il caloroso scrosciare di applausi all’indirizzo dello stesso Gnocchi, si è sciolta in un commosso omaggio di affetto che ha avuto valore di accomunare tutti i presenti in una sorta di meditata preghiera laica circa le afflizioni che l’umanità perpetra a sé stessa.
Brillante e raffinata, così si potrebbe definire la prova del violoncellista cremonese, alle prese con l’arguto e articolato Concerto in do maggiore di Haydn. Nei consueti tre movimenti, alterna momenti di lirica cantabilità ad altri di giocosa estroversione, in costante dialogo con l’orchestra che ha dato prova di saper modificare il proprio timbro, ampliandolo e riducendolo secondo quanto l’espansione delle frasi solistiche necessitava.
Ottima anche la prova nella sinfonia in do minore di Haydn, cristallina nella concertazione di Umberto Benedetti Michelangeli, attento nel dialogo tra le sezioni e nelle dinamiche mai eccedenti.
Stessa sensibilità dimostrata dal direttore anche per la Sinfonia in la maggiore di Mozart, dove l’incanto del tema iniziale lascia sempre stupefatti di fronte a una invenzione di così raffinata freschezza. Meno a fuoco, rispetto ai due successivi brani, forse per l’eccesso di nitore stilistico voluto, senza particolari abbandoni, quasi teso ad imbrigliare il gioco musicale di Mozart in un rigore dal quale il compositore salisburghese volle da subito liberarsi.
Applausi convinti alla fine di ogni singolo brano da parte dell’affezionato pubblico, festoso e partecipe come consueto.
Emanuele Amoroso
Foto: Antonio Testino