GESUALDO Quinto e Sesto libro dei madrigali (integrati con madrigali di autori vari contemporanei a Gesualdo) Les Arts Florissants (M. Allan, H. Morrison, M. Ruvio, S. Clayton, E. Grint), direttore e tenore Paul Agnew
Istituzione Universitaria dei Concerti, Aula Magna dell’Università La Sapienza, Roma, 12-15 febbraio 2022
Questi due concerti sono la parte finale del Gesualdo Project iniziato nel 2019 dall’Istituzione Università dei Concerti (IUC) ed interrotto a causa della pandemia. Il progetto ha comportato l’esecuzione integrale dei sei libri dei madrigali di Carlo Gesualdo da Venosa integrati (e quindi raffrontati) con madrigali di autori a lui contemporanei, nonché convegni, studi e ricerche. È possibile che il progetto riprenda l’anno prossimo con la rara esecuzione della musica sacra di Carlo Gesualdo.
L’esecuzione musicale dell’integrale dei madrigali è stata affidata al complesso Les Arts Florissants, un ensemble internazionale in residenza alla Philharmonie di Parigi; creato nel 1979 da Sir Willam Christie, è ora diretto dal tenore Paul Agnew.
Il quinto ed il sesto libro dei madrigali hanno una caratteristica che li distingue dagli altri, che vennero pubblicati a Ferrara dall’editore Baldini tra il 1594 ed il 1596: i due ultimi libri furono, invece, stampati nella tipografia che Carlo Gesualdo aveva installato all’interno del castello dove si era ritirato. Il quinto include, come i precedenti, venti madrigali; il sesto, ed ultimo, ne comprende ventitré. A differenza dei primi quattro libri, i madrigali degli ultimi due libri sono stati composti dal principe su testi da lui commissionati solo per se stesso e per la sua ristretta cerchia di amici che affrontava un viaggio non semplice per raggiungerlo nella sua dimora non distante da quella che oggi è Potenza. La pubblicazione avviene pochi anni prima della sua morte, ma vengono ripubblicati postumi, due anni circa dopo la sua morte, a Genova. Ciò è una chiara indicazione che, pur se composti in solitario, uscirono dal piccolo gruppo che frequentava il castello.
Quando li compose, Carlo Gesualdo aveva completato (nei libri precedenti) la propria ricerca sulla «sonorità della parola». Sceglieva, quindi, i testi non in base alla fama dei poeti ma affidandoli a versificatori spesso poco noti od anche ignoti che seguissero le sue indicazioni in quanto cura della musicalità della parola. Può permettersi anche di commissionare testi a poeti famosi (come Torquato Tasso) senza mai utilizzarli perché non mettevano in risalto la parola come «evento sonoro».
Inoltre si allontanava dalla perfezione armonica e dal raffinato contrappunto per andare sempre più verso un sentiero nuovo ed allora poco conosciuto: il cromatismo. Il cromatismo gli permette di sviluppare una poetica musicale sempre più personale e sempre più interiore, un percorso che poteva affrontare grazie alla sua autonomia ed alla sua distanza da mecenati, pubblico e scuole. Non si tratta unicamente di qualche consonantia in una struttura essenzialmente armonica e contrappuntistica, ma di un cromatismo che fa perdere al madrigale la caratteristica di essere musica di intrattenimento per alta società, vergata di raffinatezza e di malinconia, e lo rende strumento di introspezione in anfratti cupi, oltre che dolenti, dell’anima.
Il quinto ed il sesto libro vengono pubblicati circa quindici anni dopo i lavori precedenti. Sono profondamente innovativi: non ricercano la bellezza e l’equilibrio formale del Rinascimento, non esprimono l’eleganza ed il florilegio del Barocco che allora stava nascendo, ma la fusione tra parola e musica diventa emozione e sentimento spesso tormentato. Sono un «unicum» nel panorama dell’epoca. Gesualdo ha pochi seguaci nel panorama del Seicento e resta in gran misura dimenticato sino al Novecento. Venne riscoperto da Warlock e Stravinskij e poi da Schnittke, Sciarrino, Eötvös e tanti altri.
Una notazione generale. L’esecuzione dei due libri da parte delleArts Florissantsè appositamente meno levigata ma più drammatica di quella, ad esempio, di Delitiæ Musicæ, diretta da Marco Longhini disponibile in un cofanetto della Naxos di circa dieci anni fa. Il tormento spirituale di Carlo Gesualdo è accentuato (anche nella scelta dei testi) ed il cromatismo risulta più marcato.
Nell’esecuzione del quinto libro il 12 febbraio, ad inizio del concerto, sono stati presentati due madrigali di Giovanni de Macque (1550ca-1614) ed uno ciascuno di Pomponio Nenna (1556-1608) e di Luzzasco Luzzaschi (1545-1607). Mentre uno dei madrigali di de Macque ha la forte carica sensuale che caratterizza, ad esempio, il secondo ed il sesto madrigale del quinto libro di Carlo Gesualdo, il madrigale di Pomponio Nenna («Mercé, grido piangendo») ha lo stesso testo dell’undicesimo madrigale del quinto libro di Gesualdo. Tuttavia, il principe di Venosa tratta il drammatico testo con un forte cromatismo a differenza di Pomponio Nenna il quale accentua il contrappunto.
Nel concerto del 15 febbraio, l’esecuzione del sesto ed ultimo libro dei madrigali, è stata preceduta da quella di alcuni brevi songs di Thomas Tomkins (1567-1656) e di due brevi madrigali di Ettore Della Marra (1570-1634). Contemporanei, quindi, a Gesualdo ma differenti da lui sia per i temi scelti — il carattere «divino» della musica, le gioie e le sofferenze dell’amore — sia per l’accento su armonia e contrappunto. Il sesto libro ha i contenuti ed i toni di un testamento: gran parte dei madrigali trattano della morte (sotto tre aspetti, la contemplazione della morte, il desiderio — quasi carnale — della morte, il trionfo della morte), un paio sono descrittivi quasi paesaggistici (madrigali 13 e 18), gli ultimi tre sono canti amorosi e sensuali pieni di speranza. Il messaggio è, forse, la gioia dell’aldilà dopo la morte, tema del tutto inconsueto nel Seicento. C’è un altro aspetto importante, di natura strettamente musicale: vengono alternati madrigali a scrittura diatonica con madrigali a struttura cromatica. Nell’esecuzione da parte delleArts Florissantsciò è più accentuato che in altre in quanto il cromatismo è dilatato, ampliato ed anche quasi macero: si mette in chiara evidenza innovazione e sperimentalismo che restarono ignoti, più che ignorati, per oltre tre secoli. Lo si rileva specialmente nel madrigale 17 (Moro, lasso, al mio duolo) breve, conciso in cui quasi si riassumono tutte le tematiche del libro.
Aula Magna piena nei limiti delle regole anti-Covid (che nelle aule universitarie prescrivono una capienza massima del 50%). Molti, molti applausi ad ambedue i concerti.
Giuseppe Pennisi
Foto: Giuseppe Follacchio