BEETHOVEN Sinfonia n. 9 in re minore op.125 soprano Elisa Balbo mezzosoprano Benedetta Mazzetto tenore Paolo Mascari baritono Giacomo Nanni Orchestra da Camera Canova, Coro del Teatro dell’Opera di Roma, direttore Enrico Saverio Pagano Maestro del Coro Ciro Visco
Roma, 27 ottobre 2024, Aula Magna della Sapienza
Generalmente il sistema delle ricorrenze centenarie vige per le opere liriche o per le nascite/morti di compositori illustri; questa volta però, per l’inaugurazione dell’ottantesima stagione della benemerita Istituzione Universitaria dei Concerti, si è eccezionalmente pensato al bicentenario di una partitura sinfonica che ha segnato non solo la storia della musica ma anche quella dell’Europa (della cui unità politica e culturale è non a caso assurta a simbolo sonoro). Si intende parlare della Nona di Beethoven, eseguita per l’appunto per la prima volta a Vienna il 7 maggio del 1824 al Teatro di Porta Carinzia, ultima fatica sinfonica del titano tedesco, col suo incommensurabile messaggio di fratellanza e pace nel finale Inno alla gioia di Schiller e la sua inedita struttura quasi ciclica, per non dire della innovativa inclusione della voce (solistica e corale) in un contesto tradizionalmente orchestrale.
Un’opera rivoluzionaria, come si sa, ed impegnativa che ha coinvolto non solo l’Orchestra da Camera Canova, al suo terzo anno di residenza alla IUC, ma anche il Coro del Teatro dell’Opera di Roma. All’impresa era atteso il giovane ma già lanciatissimo direttore Enrico Saverio Pagano, già applaudito anni fa nella Quinta e più recentemente al Teatro Nazionale, per il cartellone dell’Opera, per una toccante e inedita partitura di Silvia Colasanti sul tema dei migranti. Come dire, un vero capolavoro come biglietto da visita di una stagione che sulla carta si dimostra come sempre stimolante per varietà e qualità e che è innanzitutto indirizzata ai giovani universitari, futura classe dirigente del domani.
Pubblico dunque delle grandi occasioni per la prima, con lunghe file al botteghino. La giovane orchestra appare subito sin dall’inizio ben registrata, dimostrandosi valore aggiunto per l’istituzione, specie sotto la guida di un direttore scattante, puntuale, dinamico come Pagano. Nell’Allegro iniziale si impone per accenti perentori a partire dalle successioni di quinte e quarte che ne fanno quasi una partitura di musica “radicale”, secondo la felice definizione di Rognoni. Una partitura così gigantesca ècerto una prova di maturità artistica sia per l’orchestra che per il direttore. Si gode il rapido contrappunto dello Scherzo (Molto vivace), ma nell’intensamente espressivo Adagio la coesione sembra farsi più precaria con i corni in affanno. Tutto esplode letteralmente dopo il resumé tematico nel movimento finale ed il plastico e scultoreo recitativo dei contrabbassi con un Inno alla gioia troppo strillato a squarciagola (ma quanti f ci sono in partitura?), tanto che più che un inno di pace è sembrato un coro guerresco. Applausi calorosissimi: per compagini giovani la Nona è ancora un traguardo di grande difficoltà, da maneggiare con cura.
Lorenzo Tozzi