PETIT Notre-Dame de Paris musica Maurice Jarre scene René Allio costumi Yves Saint Laurent Musiche su base registrata eseguite dall’Orchestra e dal Coro del Teatro dell’Opera di Roma diretti da Kevin Rhode
Roma, Teatro dell’Opera
La cattedrale di Notre-Dame a Parigi è una singolare stratificazione di architettura e storia, letteratura e leggenda, gotico vero e neogotico falso. Elevata a mito parigino da Victor Hugo, reinventata in termini fantasiosi da Eugène Viollet-le-Duc, è divenuta nel tempo l’innesco ispirativo di film, cartoni animati e commedie musicali celeberrime. Nonché d’un balletto a tutt’oggi nel repertorio d’alcuni teatri maggiori e che va posto tra gli esiti più ragguardevoli del grande coreografo francese Roland Petit. Andato in scena per la prima volta all’Opéra di Parigi l’11 dicembre 1965 con lo stesso Petit nel ruolo di Quasimodo, la bellissima Claire Motte in quello di Esmeralda, Cyril Atanassoff in quello di Frollo e Jean-Pierre Bonnefous in quello di Phoebus. Le musiche erano di Maurice Jarre, le scene di René Allio e i celebri costumi di Yves Saint-Laurent. Replicato innumerevoli volte a Parigi, stabile nel repertorio dei Ballets de Marseille di Roland Petit (straordinaria Esmeralda vi fu Elisabetta Terabust), è stato riprodotto con successo anche in Russia e alla Scala (con Roberto Bolle e Natalia Osipova). Al Costanzi l’avevamo già visto nel 1984, con la compagnia di Petit (Gilles Maidon, Luigi Bonino, Mitou Manderon, Denis Ganio) e l’esecuzione dal vivo della partitura di Jarre diretta da Jacques Bazire. La ripresa odierna è realizzata da Luigi Bonino (oggi direttore dei Ballets Roland Petit) con il Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera e con la colonna sonora registrata. Bonino (a suo tempo eccezionale caratterista: chi non ricorda il suo Coppélius e Charlot danse avec nous?), ha rimontato il balletto con appassionata fedeltà. Lavorando strenuamente con i giovani ballerini romani, ne ha ottenuto una performance più che ragguardevole in un balletto che per il Corpo di Ballo (onnipresente in scena) richiede un impegno massacrante, volendoli ora folla esaltata, ora schiera di chierici, ora cavalieri, ora corte dei miracoli. Il risultato è stato senz’altro diverso da quello dei francesi visti nel 1984 (stilizzati, aguzzi, quasi talora meccanici nella loro precisione), in favore di una spontaneità, di una morbidezza, d’una minore meccanicità e d’una maggiore, seppur talora violenta, umanità. La danza orgiastica della Festa dei folli è stato certo il momento di maggior spicco, non trascurando il quadro vivacissimo della taverna.
Ad interpretare il protagonista Quasimodo c’era Bakhtiyar Adamzhan, già visto nel 2019 a Roma come Spartacus nella tournée del Balletto dell’Opera di Astana e invitato dallo stesso Bonino ad interpretare il gobbo di Notre-Dame. La tecnica, la leggerezza, l’elevazione di questo giovane kazako si confermano strepitose: rimane certo un ballerino classico, da Corsaro, da Diana e Atteone, da Don Quixote. Come Quasimodo ha reso in modo notevolissimo il dinamismo esasperato del personaggio e le sue linee sghembe e stravolte: forse gli è mancato quel tocco in più di sofferenza profonda e di maledizione ineluttabile che solo età ed esperienza possono far conquistare. Susanna Salvi dava ad Esmeralda le sue bellissime linee, la sua innata eleganza, una forbitezza di stile impeccabili: la sensualità e il mistero che altre infondevano al ruolo sono rimaste invece lievemente in ombra. Molto bravo Walter Maimone come viscido Frollo e appena più generico il Phoebus di Andrea D’Ottavio. Le scene e i costumi erano quelli originari di Allio e Sain-Laurent. Con gli anni la musica sonora assai di Jarre mostra non poche rughe: e forse qui una partitura montata su frammenti antichi (come i Carmina Burana di Orff) avrebbe funzionato meglio e non avrebbe quei connotati da soundtrack anni Sessanta oggi demodés alquanto. Ma questa è e non se ne può prescindere. Teatro pieno per quanto le regole attuali consentono.
Maurizio Modugno
Foto: Fabrizio Sansoni