Omaggio a Manuel García Musiche di García, Rossini, Zingarelli; Les Musiciens du Prince, direttore Gianluca Capuano tenore Javier Camarena ospite speciale Cecilia Bartoli
Pavia, Teatro Fraschini, 22 maggio 2018
Mi sembra doveroso iniziare questa recensione lodando l’impegno economico profuso dalla Fondazione Banca del Monte di Lombardia, grazie alla quale è stato possibile offrire una prima edizione del Festival di Musica Sacra di Pavia di straordinario livello dal punto di vista esecutivo, con ingresso gratuito a tutti i concerti. Per i dettagli della programmazione si rinvia ad altro contributo pubblicato su questo stesso sito (“Pavia capitale della musica sacra”). In questo importante sforzo produttivo, la Fondazione si è avvalsa della collaborazione della Regione Lombardia, del Teatro alla Scala e del Teatro Fraschini, del patrocinio del Comune di Pavia e del sostegno della Camera di Commercio di Pavia e di Cattolica Assicurazioni. La partecipazione del Teatro alla Scala costituisce la naturale prosecuzione di due impegni presi dal sovrintendente Pereira al suo arrivo a Milano: da un lato la valorizzazione del repertorio sacro, dall’altro lato una presenza sempre più intensa e regolare sul territorio attraverso il progetto sulla musica sacra nelle chiese di Lombardia.
Unico “intruso” in questa serie di concerti dedicati alla musica sacra è il recital di Javier Camarena, accompagnato dall’orchestra monegasca Les Musiciens du Prince, complesso barocco fondato nel 2016 su impulso di Cecilia Bartoli e sotto l’alto patronato del Principe Alberto, con l’intento di rinnovare la tradizione delle orchestre di corte europee. Il concerto è approdato a Pavia pochi giorni dopo essere stato proposto al Festival di Pentecoste a Salisburgo.
Il Manuel García cui si rende omaggio è Manuel García padre (1775-1832), che diede i natali non solo all’omonimo figlio (che scrisse il celebre Trattato completo dell’arte del canto, tuttora presente nel catalogo Ricordi e reperibile a prezzo modico sui consueti canali di vendita nel web), ma anche a due tra le più celebri cantanti della storia: Maria Malibran (1808-1836) e Pauline Viardot (1821-1910). García padre, oltre ad essere un celebrato tenore della sua epoca (fu, tra l’altro, il primo Almaviva rossiniano), fu anche impresario e compositore. Di quest’ultima attività è stato offerto un saggio durante il concerto, che si è aperto con l’ouverture del suo Don Chisciotte ed è proseguito con due brani vocali: il recitativo e aria Formaré mi plan con cuidado – En mi comedia juntamente da El poeta calculista, il suo più famoso monodramma comico, e il recitativo e romanza Mais quoi vois-je? – Vous dont l’image, dall’opera La mort du Tasse. Fin da subito, Javier Camarena – alla sua prima esibizione assoluta in Italia – gioca le sue carte migliori: un registro acuto formidabile, caratterizzato da uno squillo trascendentale, e un medium caldo e corposo, governato con gusto e varietà di accenti, cui si aggiunge anche una drammatizzazione sobria ma incisiva, figlia di un’apprezzabile verve scenica. È poi la volta di Rossini, con l’ouverture della Cenerentola. Les Musiciens du Prince suonano su strumenti d’epoca, il che garantisce un’indiscutibile vitalità al brano; tuttavia, la tendenza ad omogeneizzare i colori e l’innegabile asprezza di molti passaggi (gli archi che strappano, i corni che si stimbrano…) sollevano qualche perplessità. Insomma: se questa orchestra funziona benissimo nel repertorio barocco, al momento il sottoscritto preferisce ascoltare Rossini su strumenti moderni; nondimeno, mi piacerebbe poter valutare un’esecuzione di MusicAeterna o della Freiburger Barockorchester prima di consolidare quest’opinione. A seguire, Camarena ha offerto una strepitosa Sì, ritrovarla io giuro, nella quale, oltre ad acuti folgoranti, ha sgranato agilità nitide e scorrevoli. Rapido ritorno a García con “Hernando desventurado… cara gitana” da El gitano por amor, che conferma l’impressione suscitata dai primi brani: si tratta di musica piacevole ma certamente non irrinunciabile. L’ouverture da Giulietta e Romeo di Nicola Zingarelli e il recitativo e aria di Everardo (sempre da Giulietta e Romeo) Più dubitar mi fan… Là dai regni dell’ombre, e di morte, consentono di farsi un’idea di un’opera un tempo piuttosto popolare ma caduta quasi totalmente nell’oblio. Ancora un passaggio da La mort du Tasse di García (De ses yeux tout ressent l’empire) e poi tre brani rossiniani per chiudere il programma ufficiale: l’ouverture del Barbiere (stesse riserve di Cenerentola per quanto riguarda l’esecuzione), la cavatina S’ella m’è ognor fedele da Ricciardo e Zoraide e infine il brano forse più famoso scritto per Almaviva-García: Cessa di più resistere, una delle arie più difficili dell’intera letteratura tenorile, ripescata in tempi relativamente recenti. La migliore esecuzione documentata dal disco è, a mio parere, quella di Rockwell Blake (recital su etichetta Arabesque), inarrivabile per controllo dei fiati e mordente della coloratura. Rispetto a questo benchmark, Camarena fa valere un timbro decisamente più accattivante, ma è assai lontano dal padroneggiare le agilità allo stesso modo. Qualche occasionale arrochimento (non solo in quest’aria ma anche in altri frammenti del concerto) testimonia di un controllo del fiato non sempre perfetto. Si tratta di riserve minime, beninteso, che non modificano l’impressione generale entusiastica suscitata dal tenore messicano.
Durante i bis, Camarena ha ricordato che García apparteneva alla categoria dei cosiddetti “baritenori”, vale a dire quei cantanti la cui voce, pur conservando agilità e freschezza tenorili, possedeva, quanto a timbro ed estensione, delle caratteristiche baritonaleggianti; ciò che, tra l’altro, consentì a García di incarnare in scena perfino il Don Giovanni mozartiano; donde l’omaggio di Camarena, che ha eseguito la serenata Deh, vieni alla finestra. A seguire Yo que soy contrabandista, da El poeta calculista, della quale, su Youtube, si trovano svariate esecuzioni di Cecilia Bartoli… Sì, proprio lei, lo special guest di questo concerto, apparsa alla fine per cantare con Camarena il duetto dalla Cenerentola con il costume di scena usato per la produzione salisburghese di pochi anni fa di Damiano Michieletto: foulard in testa, grembiule, guanti gialli, scopa di saggina e sneakers. Su questa nota, ad un tempo scanzonata ed elettrizzante, si è chiuso un concerto davvero notevole.
Paolo di Felice