BELLINI I Capuleti e i Montecchi E. Sadovnikova, A. Stroppa, G. Lucà, M. D’Apolito, D. De Vicente; Orchestra di Padova e del Veneto, direttore Andrea Albertin Coro Città di Padova, maestro del coro Dino Zambello regia, scene, costumi e luci Paolo Giani
Padova, Castello Carrarese, 31 luglio 2016
I Capuleti e i Montecchi sono un’opera affascinante, ma molto lontana dalla drammaturgia del modello shakespeariano. Bellini, si sa, a parte Norma e I Puritani, nei quali i personaggi risultano innervati di una carica teatrale di grande presa, negli altri lavori indugia in quello che può essere considerato il suo più straordinario marchio di fabbrica: la melodia tornita, il lirismo delicato e fragilissimo, di schubertiana memoria, di cui si ammantano soprattutto le sue eroine, che trovano in questa dimensione di attonito sbigottimento, di dolorosa meditazione la quintessenza del loro essere.
I Capuleti sono un distillato del più puro melodizzare belliniano e, per poter reggere sul palcoscenico, abbisognano di voci in grado di riproporre questa particolarissima scrittura musicale, che mette a dura prova le doti del cantate. La sfida, lanciata dalla Stagione Lirica di Padova in coproduzione con Bassano Opera Festival per ricordare i 400 anni dalla morte di William Shakespeare, può dirsi complessivamente vinta. L’opera è stata rappresentata nel Castello dei Carraresi di Padova, luogo di dolorose memorie anche recenti, utilizzato come carcere fino alla fine degli anni ’80 del Novecento, dove sono ancora ben visibili i ballatoi con gli accessi alle celle e con l’inquietante Madonnina del carcerato collocata nel piazzale d’armi, dove i carcerati potevano godere dell’ora d’aria. Proprio qui è stata allestita un’arena e montato un palco rivolto verso la Specola, l’antico osservatorio astronomico, che fa magnifico sfondo assieme al loggiato a due piani.
Il regista Paolo Giani, aiuto regista e assistente di Stefano Poda, sceglie opportunamente di sfruttare gli scenari naturali decidendo di collocare sul palco vuoto solo due monumentali sculture, un torso mutilo e una gigantesca testa riversa, che tanto ricordavano le opere del polacco Igor Mitoraj. Differenziando le due famiglie rivali attraverso i costumi bianco-neri dei Montecchi e completamente neri dei Capuleti, che a più riprese si sfidano a duello in veri combattimenti di scherma. La scelta, poi, di valorizzare attraverso l’uso affascinante delle luci di taglio la torre della Specola e la loggia sullo sfondo, hanno consentito di “muovere” per quanto possibile l’azione che sconta il peccato d’origine di essere eccessivamente statica.
In questo contesto si sono ben inseriti i cantanti, a cominciare dalla coppia dei protagonisti: Annalisa Stroppa nelle vesti en travesti di Romeo, bella voce di mezzosoprano, un filo corta in basso come evidente nella temibile aria “La tremenda ultrice spada”, ma dalle ottime intenzioni e dalla catturante presenza scenica. La russa Ekaterina Sadovnikova, già ascoltata di recente come Pamina e Ilia alla Fenice, ha impiegato la sua voce estesa e duttile, anche se un filo algida, nel ruolo di Giulietta dando prova di grande scuola nel legato e nelle lunghissime frasi belliniane. Un po’ di mordente in più avrebbe giovato ad innervare di maggior vita l’eroina shakespeariana. Una conferma della qualità davvero eccellenti di questo giovane tenore sono venute da Giordano Lucà, finalista e vincitore Audience Award BBC Cardiff Singer of the World Competition e Secondo Premio al celebre Concorso “Operalia – Placido Domingo” presso il Teatro alla Scala, nella parte del rivale Tebaldo. Voce contraltina, facile negli acuti e grande cura del fraseggio sono state le qualità maggiori, che fanno di Lucà una sicura conferma nel panorama tenorile odierno. Completavano il cast il basso Daniel de Vicente nel ruolo di Capellio, padre di Giulietta, ed il basso Matteo d’Apolito in quello di Lorenzo, medico di casa Capuleti. La direzione di Andrea Albertin, maestro dalla ormai già lunga esperienza teatrale, ha offerto dei momenti di corrusca energia accanto ad altri più discutibili per la scelta di tempi slentati, che in più di un punto hanno rischiato di frangere le lunghe frasi melodiche. Buona l’Orchestra di Padova e del Veneto, insufficiente il coro maschile della Città di Padova.
La produzione verrà poi eseguita sabato 6 agosto nel più raccolto contesto del Castello degli Ezzelini di Bassano del Grappa, nell’ambito della programmazione di Operaestate Festival Veneto.
Stefano Pagliantini
Crediti: Leopoldo Noventa/Fotoclub Padova