MONTEVERDI Vespro della Beata Vergine Coro e Orchestra Cremona Antiqua, direttore Antonio Greco
Milano, Basilica di Santa Maria della Passione, 31 agosto 2022
Con l’esecuzione del grandioso capolavoro monteverdiano si concludeva il cartellone 2022 di Milano Arte Musica, lo storico festival di musica antica che, dal 2007, offre alla città un repertorio ancora poco frequentato e lo fa soprattutto in un periodo in cui l’offerta musicale è davvero esigua, e non tiene forse conto dei mutati ritmi cittadini, che non vedono più Milano svuotarsi completamente in agosto (e anzi, la quantità di turisti arrivata anche in questo 2022 è stata davvero cospicua).
Preceduta da un piacevolissimo e istruttivo incontro dedicato appunto al Vespro, tenuto da Carla Moreni e Giuseppe Clericetti al Magazzino Musica di via Soave, l’esecuzione ha visto la Basilica di Santa Maria della Passione completamente riempita da un pubblico attentissimo, che non ha fiatato per gli oltre 100 minuti del concerto. La lettura di Antonio Greco e dei complessi cremonesi ha, come era prevedibile, ricalcato quella fornita lo scorso 18 giugno nell’ambito del Monteverdi Festival, e della quale Michele Bosio aveva riferito sul nostro sito: «lontano dalla “direttrice anglofona” di gardineriana memoria, la lettura di Greco va a inserirsi nel cosiddetto filone “mediterraneo” – per intenderci quello di Savall, Garrido, ecc. – puntando, non tanto sulla spettacolarità della scrittura, quanto sulla introspezione del dettato sacro. I tempi, mai estremamente mossi, uniti alla spazialità offerta dallo slancio policorale della partitura, hanno mostrato un’iridescente concertazione». Anche a Milano, Greco ha puntato su tempi piuttosto comodi e su una generosità di suono (senza rinunciare ad un accenno di vibrato nei momenti solistici) che dà vita ad un Monteverdi mediterraneo, italiano, dalla teatralità spiccata, in cui il confine tra sacro e profano è sfumato dall’estrema sensualità del suono. Perfettamente riusciti, e suggestivi, gli effetti di spazializzazione del suono, che ben sfruttavano le balconate dei due organi della chiesa ma anche, nell’inno Ave Maris Stella, in cui i gruppi strumentali si dislocavano nelle diverse cappelle e nel fondo della navata. Tutto era possibile anche per l’elevata qualità tecnica dei musicisti coinvolti, e del folto coro, da cui si staccavano all’occorrenza i solisti impegnati nei Mottetti: particolarmente affascinante il celebre Duo Seraphim, ma la conclusione con il Magnificat (nella versione “grande”) coronava davvero, nell’esultanza del “Gloria”, la grandezza di un capolavoro aperto nella struttura, che pone mille problemi di prassi esecutiva, ma che non cessa di affascinare oltre 400 anni dopo la sua composizione. Successo calorosissimo, come si può immaginare.
Nicola Cattò
Foto: Alberto Panzani