BEETHOVEN Le rovine d’Atene, Ouverture op. 113 MARTINŮ Concerto-Rapsodia per viola e orchestra H337 MENDELSSOHN Sinfonia n. 3 ‘Scozzese’ op. 56 viola Timothy Ridout Orchestra I Pomeriggi Musicali, direttore Jessica Cottis
Milano, Teatro Dal Verme, 4 maggio 2024
Sabato pomeriggio di musica con l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali per il secondo appuntamento del ciclo dedicato alla musica in viaggio: composizioni e compositori ispirati da luoghi lontani effettivamente visitati, come nel caso di Mendelssohn, o solo immaginati, come nel caso dell’Ouverture scritta nel 1811 per il dimenticatissimo dramma dal titolo omonimo del drammaturgo tedesco August von Kotzebue. Un lavoro chiaramente “minore”, ispirato più dalla necessità di guadagnare denaro con la commissione che dal contenuto drammatico del testo.
Molto bello invece il Concerto Rapsodia per viola e orchestra H337 composto da Bohuslav Martinů a New York nel 1952 e portato in prima esecuzione da Jascha Weissi a Cleveland sotto la direzione di George Szell. Come già in Dvořák, anche per Martinů la parentesi americana è motivo di introspezione malinconica nei confronti della madre patria e questo concerto in due movimenti con la chiara ispirazione tematica boema e l’impianto strutturale rapsodico e fintamente improvvisativo cattura l’attenzione dell’ascoltatore con la sua liricità sommessa.
Ha chiuso il programma la Sinfonia ‘Scozzese’ di Mendelssohn, in realtà l’ultima creatura sinfonica del compositore di Lipsia: scritta nel 1842, ben 13 anni dopo il viaggio in Scozia durante il quale il ventenne Felix era rimasto affascinato dalla visita a Edimburgo nei luoghi di Maria Stuarda. Inequivocabilmente la meno riuscita delle sinfonie scritte da Mendelssohn, afflitta da sviluppi nebbiosi nei due movimenti esterni, è salvata solo dalla classica brillantezza dello Scherzo e da un terzo movimento, Adagio, dalla bellezza tematica disarmante nonostante una certa ripetitività.
Il motivo centrale di interesse del concerto è stata, naturalmente, la partecipazione del 29enne violista inglese Timothy Ridout in stabile ascesa nell’apprezzamento della critica e del pubblico internazionale. L’attesa non è stata disattesa, Ridout è senza dubbio un ottimo esponente della grande scuola violistica britannica che discende da personaggi storici come Lionel Tertis e William Primrose e vede oggi in attività oltre a Ridout altri due notevoli strumentisti come Lawrence Power e Philip Dukes.
In possesso di una viola di scuola bresciana del XVI secolo taglia 44, ma dal diapason accorciato, Ridout ha il vantaggio di un suono caldo e contraltile, senza dover scendere a compromessi per quanto riguarda la prontezza d’emissione. La sua lettura del Concerto Rapsodia di Martinů, pulitissima e ordinata, manca ancora un po’ di caratterizzazione idiomatica e di libertà rapsodica, anche se il supporto limitato proveniente dal podio e quindi dall’orchestra lascia aperti dei dubbi riguardo all’effettiva possibilità del solista di lasciarsi andare liberamente alla propria ispirazione.
In effetti la presenza sul podio della direttrice d’orchestra australiana Jessica Cottis è stata una piccola delusione rispetto alle aspettative personali di chi scrive. Incuriosito dalle doti sinestesiche della maestra per la quale i suoni si legano direttamente ai colori, mi sarei aspettato una attenzione ai colori e agli impasti sonori molto più brillanti e raffinati rispetto a quelli ascoltati dal vivo.
Con un gesto direttoriale più incline alla morbidezza invece che all’incisività, è chiaro che alcuni interventi nel Concerto Rapsodia di Martinů non potessero avere la giusta caratterizzazione, ma soprattutto l’equilibrio tra orchestra e solista non è stato sempre tale da tenere in risalto il suono di Ridout.
Per quanto riguarda le Rovine d’Atene di Beethoven e la Sinfonia ‘Scozzese’ di Mendelssohn si sono ascoltate due interpretazioni corrette nelle linee generali, ma non certo esaltate da dettagli inauditi o timbri orchestrali raffinati che una formazione ridotta come quella dei Pomeriggi dovrebbe poter garantire. In particolare la forcella dinamica è risultata sempre compressa tra un mezzopiano senza rischi e un fortissimo poco autorevole. Una sinfonia “debole” come la ‘Scozzese’ avrebbe avuto bisogno di scelte interpretative più incisive anche nei fraseggi lasciati scorrere con troppa genericità.
Riccardo Cassani