SCHÖNBERG Quartetto n. 2 in fa diesis minore op. 10 per quartetto d’archi e soprano BEETHOVEN Quartetto n. 13 in si bemolle maggiore op. 130 con Grande fuga in si bemolle maggiore op. 133 come finale Quartetto Emerson soprano Barbara Hannigan
Milano, Conservatorio, Sala Verdi, 10 ottobre 2023
Tief ist die Trauer: come un lamento, straziante e ineludibile, si alza la voce di Barbara Hannigan negli ultimi due movimenti del Quartetto n. 2 op.10 di Arnold Schönberg. Lamento che racconta una storia di peregrinazione, di ricerca e di affanno, ma al contempo di conoscenza e di luce, di felicità e di pace. È difficile comprendere, oggi, come nel 1908, alla prima di questa pagina così profonda nei temi trattati e cardine per la ricerca musicale, il pubblico abbia potuto riderne apertamente durante l’esecuzione, così tanto da non rendere udibile il soprano stesso. Di fronte ai capolavori lo sconcerto accompagna talvolta la coscienza di chi li coglie per la prima volta, tale sconcerto può essere respingente e denigratorio, ma dopo la scossa iniziale, la mente ne elabora e restituisce una visione più meditata. A distanza di più di un secolo si avverte tutto il tormento dell’epoca storica nella quale è stata creata, così da cogliere sia le novità di scrittura atonale, sia il legame con l’espressionismo e la derivazione tardo romantica, tristaneggiante della pagina. Un capolavoro che il Quartetto Emerson ha deciso di riproporre nella loro ultima e definitiva fatica discografica e in questo ottobre d’addio ai palcoscenici, accompagnati dal carisma interpretativo e scenico di Barbara Hannigan che ha cesellato ogni parola all’insegna del recitar cantando del quale ha dato prova insuperabile.
Applausi scroscianti, anche a seguito del ricordo, in apertura di serata, dei tragici fatti di guerra e di orrore cui l’esecuzione del Quartetto Emerson ha offerto il Requiem più sentito. Una interpretazione che guarda a Verklärte Nacht e al tardo Ottocento, densa di malinconia si direbbe quasi straussiana, dove le parti dialogano con calibrate simmetrie e sfumature impalpabili tali da far restare silenzioso e immobile il pubblico per minuti interi.
La seconda parte del concerto si direbbe in successione all’incipit della poesia di Stefan George che fa da chiusura al quartetto di Schönberg: Ich fühle Luft von anderem Planeten. Ci si innalza verso altri siti con il Quartetto in si bemolle maggiore e la conclusiva Grande fuga di Beethoven. Un incessante ascendere e discorrere, meditare ed evadere, sino al grandioso rovello costruttivo dell’opera 133 che rende senza dubbio faticosa la concentrazione dell’uditorio, ma regala un percorso artistico impareggiabile. Si nota lo sforzo fisico del fare musica, la necessità del condurre l’arco, dello scandire gli accenti e accompagnare le frasi, di fare chiarezza sempre in ogni istante portando le dinamiche agli estremi senza accontentarsi di un risultato apprezzabile. È stata una delle caratteristiche del Quartetto Emerson e sulle note del bis bachiano è calata una sorta di malinconia, al sapere che sarebbero state le loro ultime note eseguite nella Sala Verdi milanese.
Inutile sottolineare l’affetto dimostrato nelle numerose chiamate al palcoscenico, con la stessa Barbara Hannigan in piedi tra il pubblico ad applaudire entusiasta. Ancor più coinvolgente il momento degli autografi al termine della serata, tra i numerosi studenti del Conservatorio che hanno espresso la loro gratitudine sottoponendo ai membri del quartetto la firma delle parti cameristiche brahmsiane o di Ravel cui è seguita l’ammirata, reciproca approvazione.
Emanuele Amoroso
Foto: Ylenia Signorelli