CLARA HASKIL. Prélude et fugue di Serge Kribus; attrice Laetitia Casta pianoforte Isil Bengi regia Safy Nebbou scene Cyril Gomez-Mathieu luci Erik Soyer costumi Saint Laurent
Non è un concerto con voce recitante e neppure un’opera di teatro musicale, melologo a voce sola. È invece una vera e propria pièce teatrale e se ne parliamo in una rivista di musica è perché risulta esaurientemente illuminante sulla vita sfortunata e sull’arte decantata di una grande ma dimenticata pianista come la rumena, di famiglia ebraica, Clara Haskil. L’evocazione della sua vita con sentimenti e avvenimenti contrastanti è affidata alle sorprendenti doti attorali di Laetitia Casta che ne incarna le altalenanti vicende esistenziali in una sorta di flashback dalla morte (1960) seguita ad una brutta caduta, per ripercorrere l’emergere del suo talento a soli tre anni, la famiglia povera, gli studi severi al Conservatorio di Vienna e poi a Parigi con un arcigno Alfred Cortot, la grande difficoltà di inserirsi nei circuiti concertistici internazionali, la guerra e il pericolo incombente delle deportazioni naziste, la scoliosi che la costringe a letto con un corsetto di gesso per mesi, l’amicizia e la stima di illustri artisti e colleghi come Charlie Chaplin evocato in video, il grande pianista connazionale Dinu Lipatti, il violoncellista spagnolo Pablo Casals e il violinista Arthur Grumiaux, che le fu vicino negli ultimi mesi. Una carriera, la sua, non certo tutta rose e fiori, interdetta da malattie, incidenti familiari (un incendio), difficoltà economiche che non le impedirono di affermarsi come interprete mozartiana per eccellenza, capace di un suono naturale quanto luminoso.
Il ricordo è intercalato da significativi interventi musicali al pianoforte (Il cavaliere selvaggio di Schumann, l’inizio perentorio della Sonata in si minore di Liszt, l’Adagio di una Sonata beethoveniana) molto in sintonia con il pathos del bel testo in francese del drammaturgo belga Serge Kribus esaltato da una recitazione partecipe e intensa (dal 2021 la Casta ha già recitato questo ruolo decine di volte). Il racconto diventa così paradigmatico di una vita d’artista tra umiliazioni, speranze e delusioni in sintonia con le intenzioni dell’autore che vede in Clara “una donna sincera, intelligente, sensibile, risoluta, umile, esigente, una donna dal talento eccezionale che ha sfidato il dolore, la malattia, l’isolamento, la guerra, la solitudine, la precarietà, l’umiliazione, una donna che trema sotto la febbre del dubbio, lotta per non rinunciare mai e sorride e vive per la musica”. Manca solo di ascoltarla al pianoforte.
Lorenzo Tozzi