Le Alpi sull’Adige: torna Wally al FIlarmonico di Verona

CATALANI La Wally E. Maggio, G. Sagona, M. Mappa, E. Bellocci, C. Ventre, Y. Park, R. Dal Zovo; Orchestra e coro di Fondazione Arena di Verona direttore Antonio Pirolli regia Nicola Berloffa scene Fabio Cherstich costumi Valeria Donata Bettella luci Valerio Tiberi

Verona, Teatro Filarmonico, 16 febbraio 2025

Mancava da circa un secolo dalle scene del Teatro Filarmonico di Verona l’opera più celebre di Alfredo Catalani, compositore sfortunato, dalla carriera breve e schiacciata tra Verdi prima e Puccini dopo. Formatosi tra la Parigi di fine ‘800 e i salotti scapigliati di Milano, conquistò la fiducia dell’editore Ricordi e la stima di molti contemporanei. È il 1892 quando La Wally, su libretto di Luigi Illica,va in scena alla Scala.L’opera fu un buon successo di pubblico e critica, fu anche diretta da Mahler ad Amburgo. L’anno successivo il musicista sarebbe morto di tisi, Verdi avrebbe composto il suo estremo capolavoro, Puccini il primo lavoro di successo e sull’opera di Catalani sarebbe scesa, se non l’oblio, certo una generale indifferenza. Eppure si tratta per molti aspetti di un lavoro assai singolare nella produzione operistica dell’epoca. A cominciare dall’ambientazione alpina e dal soggetto tratto da un romanzo di forti passioni di Wilhelmine von Hillern, nel quale si staglia la figura di Wally, donna passionale, determinata e addirittura violenta in certe sue scelte, che la portano in successione ad abbandonare il padre, ordire un omicidio, concedere la propria virtù a un uomo che la disgusta al solo fine di corromperlo e infine suicidarsi, annoverando il personaggio nello stuolo di quelle eroine negative incapaci di trovare pace e redenzione. Su tutti incombe sempre la montagna, con le sue tempeste e le pericolose valanghe. L’impianto drammaturgico, poi, è decisamente innovativo, basato com’è sulla quasi totale abolizione dei “pezzi chiusi” in favore di un continuum musicale di derivazione wagneriana. Opera di grandi voci e orchestre duttili, è stata soggetto di uno dei primi film sonori italiani (1932) e cavallo di battaglia di artiste quali Maria Caniglia, Gina Cigna e Renata Tebaldi, prima di sparire quasi completamente dalle scene italiane. Ma almeno un’aria è rimasta scolpita nella storia e interpretata da primedonne di ogni tempo, quel “Ebben ne andrò lontana” in cui il velluto di un’orchestra che ricrea le montagne innevate avvolge la volontà di ferro di Wally, disposta all’esilio pur di non piegarsi a un matrimonio combinato.

Bisogna dare merito al Filarmonico di Verona per averla inserita in un cartellone che quest’anno si distingue per l’originalità e il coraggio dei titoli proposti: dopo il Falstaff di Salieri, questa Wally, a seguire Elektra di Strauss, Le Villi di Puccini, Il Turco in Italia di Rossini ed Ernani in chiusura.

Per l’occasione è stato ripreso l’allestimento del 2017 della Fondazione Teatri di Piacenza in coproduzione con Fondazione Teatro Comunale Pavarotti Freni di Modena, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia e Teatro del Giglio di Lucca (leggi qui la recensione di Nicola Cattò). Il soggetto non è di facile rappresentazione, tutto legato com’è a paesaggi montani con le sue tempeste e le pericolose valanghe. Il regista Nicola Berloffa sposta la vicenda da inizio Ottocento agli anni Quaranta del Novecento ed enfatizza la violenza e l’estrema crudezza, quasi espressionista, della vicenda: la natura che incombe minacciosa sui protagonisti; Wally dipinta come una donna che si macchia di peccati capitali e infine si suicida. Ma anche tutti gli altri personaggi, con l’eccezione del candido Walter, condividono la stessa brutalità. Le scene di Fabio Cherstich propongono sullo sfondo il profilo frastagliato della montagna innevata che si staglia su un cielo perennemente cupo; davanti un piano innevato inclinato su cui si muovono coro e personaggi, comunicando un senso di instabilità e di precarietà. Una struttura nella quale si innesta lo spazio domestico di Wally, accennato con un sofà e un comodino, o una baita montana o la cima del Murzoll. Parzialmente risolti, invero non senza qualche impaccio, la scena della caduta di Hagenbach nel vallone, il salvataggio da parte di Wally, la non facile rappresentazione della valanga che travolge l’uomo e infine il suicidio di Wally che si getta nel precipizio. Tutto appare un po’ compresso anche per il ridotto spazio scenico occupato dalla struttura fissa, ma tutto sommato funzionale.

Musicalmente l’opera non è facile da tenere assieme: impegna molto l’orchestra che suona spesso con sonorità dense e tese ed è chiamata a dipingere le più diverse situazioni atmosferiche. Va dato merito al direttore Antonio Pirolli di essere riuscito ad ottenere dall’Orchestra compattezza e squillo, peccando però in più punti in un eccesso di sonorità e leggendo l’opera di Catalani alla luce del verismo più esagitato, senza invece evidenziare le molte originali soluzioni timbriche presenti nella partitura.

Protagonista il soprano coreano Eunhee Maggio — doveva esserci la rinunciataria Maria José Siri — che ha affrontato l’ostica parte con nervi saldi e voce robusta, inficiata qui e là da qualche forzatura in acuto, ma interprete ed attrice credibile. Buona la riuscita dell’aria del primo atto, intonata con voce morbida e ottimo legato. La sua, secondo l’impostazione registica, è una Wally tendenzialmente distaccata, un po’ fredda e carente sul versante amoroso. Ma le va dato atto di essere venuta a capo della parte. Da segnalare il Gellner del baritono coreano Youngjun Park per la voce potente, morbida nell’emissione e affascinante nel colore, che ritrae più l’innamorato appassionato e sedotto da Wally che il cattivo di turno. Carlo Ventre è Giuseppe Hagenbach: purtroppo la sua voce appare usurata e la linea perennemente cantata sul forte. Risolve gli acuti anche con una certa facilità, ma sempre spingendo a pieni polmoni. Simpatico il Walter in sedicesimo di Eleonora Bellocci, da segnalare più per la prova attoriale che per doti vocali, essendo la voce di timbro non particolarmente seducente e tendenzialmente querula. Infine si sono distinti Marianna Mappa come Afra, Gabriele Sagona come Stromminger e Romano Dal Zovo nella parte del Pedone di Schnals. Davvero ottimo il coro preparato da Roberto Gabbiani.

Stefano Pagliantini

Foto: Ennevi

Data di pubblicazione: 20 Febbraio 2025

Related Posts