FALLA El Retablo de Maese Pedro Orchestra Camerata strumentale di Prato, direttore Michele Gamba regia, scene e costumi Anagoor
Montepulciano, Cantiere Internazionale d’arte, 13 luglio 2024, Teatro Poliziano
Nonostante la sua agevole fattibilità, El Retablo de Maese Pedro di Manuel de Falla non è opera che troppo spesso appare sui nostri palcoscenici. Commissionato dalla principessa di Polignac per il suo teatro di marionette, dove ebbe il varo il 25 giugno del 1923, e concepito su un testo dello stesso compositore spagnolo ispirato ad un episodio del Don Chisciotte di Cervantes (capitoli XXV e XXVI della seconda parte), El Retablo fu pensato per essere eseguito con i cantanti in orchestra, oppure da marionette e cantanti egualmente in scena.
A ridare nuovamente vita a questo gioiellino del teatro spagnolo novecentesco non poteva essere che il 49mo Cantiere Internazionale d’arte di Montepulciano, che segue la linea maestra del suo geniale fondatore, il compositore Hans Werner Henze, nel desiderio di riportare alla luce capolavori dimenticati ma agevolmente accessibili ad un pubblico odierno. Come è noto, il plot si riferisce a quel quadro in cui l’hidalgo spagnolo assiste in una locanda ad uno spettacolo di marionette e come al solito confonde la finzione con la realtà combinando uno sfracello. Carlo Magno nel suo palazzo esorta Don Gafeiro, invece di perdere tempo giocando a dama, a correre a salvare la moglie Melisendra (sua figlia adottiva) prigioniera dei mori.
La donna riesce a fuggire col marito dalla corte di Marsilio che però si lancia all’inseguimento dei due ed è qui che scatta il transfert di Don Chisciotte che, assalito da malsana furia, distrugge tutto il teatrino delle marionette annullando il diaframma tra finzione e realtà, interamente compreso dal suo compito di cavaliere difensore dei più deboli e degli oppressi.
Sia nella scrittura che nell’organico orchestrale Falla sembra mirare all’essenziale, pur dimostrandosi erede della grande tradizione iberica ma anche attento alla tradizione popolare. Una tradizione che sembra filtrata e rivivificata attraverso l’esempio di Stravinski (Histoire du soldat).
L’allestimento del Cantiere si affida innanzitutto all’esperienza di concertatore di Michele Gamba, neodirettore musicale della kermesse poliziana, reduce dal successo alla Scala con Turandot. Il resto lo compie la magia dell’originale allestimento tra fantasia e realtà del collettivo Anagoor che, oltre alle storiche illustrazioni di Gustavo Doré sul tema per i siparietti, si avvale, invece delle marionette, del teatro di ombre che conferisce alla vicenda una dimensione ancora più diafana ed immateriale.
La vicenda infatti si snoda in controluce mentre un barbuto Don Chisciotte in abiti moderni ed uno stralunato Sancio-Pulcinella siedono bellamente in sala tra il pubblico. L’effetto ne è esilarante e fa volare via la mezz’ora circa di musica. Lodevoli nei ruoli vocali il carismatico hidalgo del baritono Giacomo Pieracci, il Maese Pedro del tenore Giovanni Petrini ma soprattutto il Trujamen del giovanissimo Markos Bindocci (voce bianca) nel difficile ruolo, generalmente destinato ad un soprano.
La deliziosa operina di Falla era preceduta da una ouverture commissionata al cinquantenne Stefano Pierini, Imagenes errantes, per baritono (il valente Paolo Leonardi) e orchestra che evocano le figure di Don Chisciotte, Sancio e Ronzinante evocate ironicamente e con distacco da interposta persona,
Di qualità anche il tradizionale concerto inaugurale la sera precedente in Piazza grande, con l’Orchestra della Toscana diretta con gesto asciutto ed essenziale da Alexander Lonquich nella Sesta Sinfonia di Schubert (“la piccola”), in cui prevalgono leggere atmosfere di danza (salvo l’eco beethoveniano dello Scherzo) e nel più romantico dei Concerti per violino, quello in mi minore di Mendelssohn, pennelleggiato con bravura dalla giovane Angela Tempestini (Scuola di Fiesole), di cui certo si sentirà parlare in futuro. Tecnica superlativa e grande personalità confermate poi anche nel bis della Seconda sonata di Ysaÿe che echeggia le celebri note della iconica sequenza del Dies Irae.
Lorenzo Tozzi
Foto: Cantiere Internazionale d’Arte