Le Sonate di Beethoven: 32, anzi 39. Parla Christian Leotta

Christian Leotta è il primo, e sinora unico, pianista a suonare in pubblico l’integrale delle 39 Sonate per pianoforte di Beethoven. Sabato 23 novembre, nel Municipio di Veleso (Como), ha eseguito il sesto recital della prima parte del ciclo tenuta a Como, Torno, Argegno, Carate Urio e Mariano Comense. La seconda parte, altri sei concerti, si terrà nel 2025 dal mese di febbraio a maggio nelle location di Albavilla, Cantù, Limido Comasco, Mariano Comense, Nesso e Torno. A Veleso Christian Leotta ha suonato le Sonate in mi bemolle maggiore WoO 47 n. 1, in re maggiore op. 10 n.3, in do maggiore WoO 51 e in mi bemolle maggiore op. 31 n. 3. 

La Sonata WoO 47 n. 1 è stata completata all’età di tredici anni, quando Beethoven risiedeva ancora a Bonn e studiava con Neefe. Questa composizione (del catalogo Kinky-Halm) rappresenta a tutti gli effetti la prima “vera” Sonata per pianoforte scritta da Beethoven. Tutt’altro che semplice da un punto di vista pianistico, il risultato ottenuto dal giovanissimo compositore è artisticamente sorprendente e di grande valore. La Sonata op. 10 n. 3 è la più significativa delle tre e una delle più importanti dell’intero catalogo beethoveniano. L’autentico climax è dato dal sublime e straordinario secondo movimento, il celebre Largo e mesto, di notevole potenza espressiva. La Sonata WoO 51, pubblicata postuma nel 1830, è stata ingiustamente dimenticata anche dagli interpreti più ragguardevoli. Beethoven ha utilizzato qui, più che in qualsiasi altra Sonata, l’arpeggio come suo elemento strutturale principale, riproponendo tale scelta compositiva anche nel secondo movimento (Adagio) di questo incantevole brano. Ciò che risulta rivoluzionario nella Sonata op. 31 n. 3 è il fatto di iniziare una Sonata con un accordo di settima, molto instabile e di transizione, piuttosto che confermare la tonalità d’impianto (mi bemolle maggiore), come di consueto avviene. Il finale Presto con fuoco è una delle pagine più virtuosistiche e brillanti di tutte le Sonate per pianoforte.

Credo che oggigiorno Christian Leotta sia uno degli interpreti più rappresentativi delle musiche di Beethoven. Sfoggia tutta la sua bravura tecnica affrontando ogni sorta di passaggio impervio di difficoltà; i trilli sono calibrati, gli arpeggi voluttuosi, in definitiva la tastiera è in suo possesso. La tecnica è forbita, il fraseggio elegante, il suono chiaro. Disegna le pagine beethoveniane nella più classica compostezza, segno della maturità interpretativa ormai raggiunta. Suona con intensità, brillantezza, eleganza e gusto straordinari; la sua è una lezione di intelligenza e di finezza interpretativa che lascia un segno profondo. Un musicista insomma dal talento non comune.

Al termine del concerto ho incontrato il M° Christian Leotta per mettere a fuoco l’importanza storica, culturale e musicologica delle 39 Sonate di Beethoven (che sarà uno degli argomenti che affronterò nel mio prossimo libro dedicato a Beethoven).

M° Leotta, ha eseguito il ciclo delle 32 Sonate per 22 volte, registrandolo anche su CD per l’etichetta canadese Atma Classique: come nasce l’idea di eseguire oggi una “nuova” integrale delle Sonate per pianoforte di Beethoven, portando a 39 il numero di esse?

Penso sia importante, in primis, il fatto che il corpus delle 32 Sonate che tutti conoscono sia in realtà “creato” solo dopo la morte di Beethoven, per mano di interpreti ed editori. Durante gli ultimi anni della sua vita il genio di Bonn cercò infatti di redigere un catalogo completo delle sue opere. Purtroppo, nonostante il supporto dell’editore viennese Haslinger, tale progetto dovette essere accantonato a causa della morte del compositore. Si è così dovuto aspettare decenni perché la prima “edizione completa” delle opere di Beethoven vedesse la luce, grazie all’editore Breitkopf & Härtel, fra il 1862 e il 1865 (successivamente integrata nel 1888), la quale includeva ben 38 Sonate per pianoforte. Vi è quindi la certezza che, Beethoven vivente, non esistesse alcun catalogo che raggruppasse le odierne e notissime 32 Sonate, che comunemente si crede costituiscano l’integrale delle composizioni di Beethoven scritte in tale forma (le quali, a loro volta, includono ventisette Sonate tout-court, due Sonate “Quasi una fantasia”, due “Leichte Sonaten”, o “Sonate facili” e una Sonatina)

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Notizie interessanti, poco o nulla conosciute.

Beethoven è senza dubbio uno dei compositori più eseguiti e sul quale si è scritto di più. Proprio per queste ragioni risulta davvero sorprendente il fatto che tutt’oggi non si conoscano molte delle sue composizioni o meglio molte di esse siano note solo a un ristretto numero di studiosi e di musicisti. Da anni a conoscenza dell’esistenza di alcune Sonate scritte da Beethoven in giovane età, dette comunemente Kurfürsten Sonaten, non incluse nel catalogo ufficiale delle 32, ho così deciso di approfondire l’argomento, convinto che non possano esistere opere di un genio di tale grandezza non degne di interesse. Dopo oltre un anno di studio delle tre Kurfürsten Sonaten, catalogate dai musicologi Kinsky e Halm solo nel 1955 come WoO 47, mi sono detto: come è stato possibile che opere così significative siano state dimenticate ed escluse da qualsiasi ciclo integrale delle Sonate per pianoforte di Beethoven? A quel punto è nata in me la curiosità di andare a scavare in modo ancora più approfondito nei vari cataloghi disponibili dell’opera beethoveniana, nell’intento di verificare l’esistenza eventuale di altre Sonate per pianoforte, magari anch’esse “dimenticate” come le tre giovanili WoO 47. La sorpresa è stata immensa quando ho così potuto scoprire un capolavoro come la Sonata in do maggiore catalogata dai musicologi Kinky ed Halm come WoO 51, gemma preziosa che nessun grande interprete di Beethoven ha finora registrato, opera che, assieme alle precedenti tre Sonate WoO 47, ritengo fondamentale per una comprensione più completa e profonda dell’intero corpus delle Sonate beethoveniane.

Come spiega questo motivo?

La prima edizione completa delle opere di Beethoven, la celeberrima Gesamtausgabe, come dicevo prima, è stata pubblicata dall’editore Breitkopf & Härtel fra il 1862 e il 1865 e successivamente integrata nel 1888. Tale edizione suddivide le composizioni di Beethoven in diverse “serie”, a loro volta suddivise in volumi. Quella dedicata alle Sonate per pianoforte è la XVI, a sua volta suddivisa in tre volumi. Le Sonate per pianoforte sono qui catalogate e corrispondono ai numeri compresi fra il 124 e il 161 dell’intero catalogo delle opere di Beethoven (conosciute ai tempi). Da ciò si evince che le Sonate per pianoforte note già all’epoca e catalogate fossero quindi ben 38 (per la trentanovesima bisognerà aspettare il 1950, anno di pubblicazione a cura dell’editore Henle di Monaco di Baviera della Sonata in fa maggiore catalogata da Kinsky ed Halm come WoO 50). La catalogazione delle Sonate per pianoforte ai tempi della Gesamtausgabe non segue curiosamente il loro naturale ordine cronologico di composizione creando, così facendo, una sorta di “sottocategorie” (come sembra essere lo spirito della pionieristica Gesamtausgabe). Si comincia con le Sonate op. 2, elencando solo successivamente dopo l’op. 111 le tre Sonate WoO 47 e la Sonata WoO 51, per chiudere il tutto addirittura con le due Sonatine GA 160 e GA 161 (ossia l’Anhang 5 del catalogo Kinsky-Halm). Qui, a mio avviso, è nato il primo “vulnus” nella catalogazione completa delle Sonate per pianoforte di Beethoven. Perché alterare il naturale ordine cronologico di composizione di queste opere? Forse le Sonate pubblicate con un numero d’opera hanno un’importanza superiore, o semplicemente “diversa”, da quelle pubblicate senza? Questo è quello che ci spinge a credere la prima catalogazione delle Sonate per pianoforte di Beethoven.

Forse gli editori e gli interpreti hanno scelto di non includere alcune Sonate nel corpus integrale perché non certi della loro autenticità?

Questo può essere il caso per quanto riguarda le due Sonatine in sol maggiore e in fa maggiore, GA 160 e GA 161, tuttavia conoscendo molto bene la “mano” di Beethoven avendone suonato praticamente l’intera opera pianistica, ritengo che le ragioni per includere in un catalogo completo tali opere siano certamente superiori a quelle di escluderle. “Nasconderle” a priori temo sia stata una scelta discutibile. Stiamo parlando di Beethoven: non essendo possibile provarne la loro “nonautenticità”, come ci si può permettere di ometterle?

Alberto Cima

Data di pubblicazione: 26 Novembre 2024

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