VIVALDI Le quattro stagioni Orchestra d’Archi I Pomeriggi Musicali, direttore e violino Stefano Montanari
Milano, Teatro Dal Verme, 15 giugno 2020
Brillante e piena di significato è stata la mossa dei Pomeriggi Musicali, che hanno approfittato all’istante della possibilità di riaccogliere il pubblico in sala con un concerto poco dopo la mezzanotte del 15 giugno (io ho assistito alla prima delle molte repliche, a Milano e fuori sede, alle 20.30 dello stesso giorno): e tornare ad ascoltare dopo quattro mesi musica dal vivo ribadisce come nessun disco, nessuno streaming, nessuna pur coraggiosa iniziativa sostitutiva può far dimenticare l’assoluta imprescindibilità del rapporto diretto, non mediato, tra artisti e pubblico. Oltre che di una dimensione “fisica” del suono. Certo, così non può funzionare economicamente: l’assurdità di aver stabilito un tetto massimo di 200 persone al chiuso, senza tenere conto delle dimensioni della sala, fa sì che al Dal Verme i presenti fossero sparpagliati con tale distanza che la sensazione di disagio era difficile da evitare. In più, la confusione normativa tutta italiana fa sì che l’orchestra (senza fiati, per ora) entri in palcoscenico con la mascherina ma poi se la levi per suonare (Deo gratias!), mentre al pubblico è «consigliato» di tenerla, anche se non vi è più obbligo di legge. Ma, ripeto, pur con mille distinguo, l’iniziativa dei Pomeriggi è stata lodevole e carica di enorme valore simbolico: con prudenza, si ricomincia. Anche perché la qualità dell’esecuzione è stata piuttosto alta: i dodici archi e il continuo (organo e cembalo) di Riccardo Doni sono stati presi per mano, letteralmente, da Stefano Montanari in un’esecuzione che davvero rendeva giustizia al titolo della raccolta da cui le notissime Quattro stagioni sono tratte: «Il cimento dell’armonia e dell’invenzione». L’invenzione continua dei tantissimi effetti sonori cui la partitura vivaldiana indulge, con una libertà ritmica e sonora continua, quasi che la linea venisse reinventata battuta dopo battuta; ma anche “armonia”, perché quasi mai Montanari spezzava la continuità dell’insieme, o si concedeva effetti senza causa. Anzi, l’idea di legare fra loro i quattro Concerti con delle brevi cadenze solistiche, oltre ad essere filologicamente impeccabile, aiutava a sottolineare la saldezza formale, e tonale dell’intero edificio musicale. E poi, dei momenti davvero singolari: uno per tutti l’”Adagio molto” dell’Autunno, dove il sussurro quasi impercettibile degli archi, punteggiato dal gocciolare arpeggiante del cembalo, evocava benissimo l’atmosfera fuori dal tempo dei “dormienti ubriachi” descritti dalla musica. Gli archi dei Pomeriggi (divisi in due gruppi per le varie date previste fino al 21 giugno) hanno ben risposto alle continue proposte e richieste di Montanari, che si conferma artista estroso e coinvolgente. Grande successo, di affetto e di speranza: si prosegue con diversi programmi, sempre per soli archi, fino a metà luglio.
Nicola Cattò