Le strade brahmsiane di Krylov alla Scala (con la Young)

BRAHMS Concerto per violino in RE op. 35 STRAUSS Ein Heldenleben op. 40 violino Sergej Krylov Filarmonica della Scala, direttore Simone Young

Milano, Teatro alla Scala, 23 novembre 2024

La Stagione Sinfonica 2024/2025 al Teatro alla Scala è iniziata con un programma dai due volti, sia pure cronologicamente tutto collocato nel secondo Ottocento di area austro-tedesca, tra la luminosa compostezza del Concerto per violino di Johannes Brahms e la retorica superomistica del poema sinfonico Vita d’eroe di Richard Strauss, ma soprattutto è iniziata con il virtuosismo pungente di Sergej Krylov e il fraseggio morbido della direttrice australiana Simone Young, da fine ottobre protagonista alla Scala anche nel Ring wagneriano ereditato da Christian Thielemann, dopo la rinuncia per motivi di salute del direttore tedesco.

Che Simone Young sia un’esperta proprio di Wagner e del repertorio tardoromantico (il 6 dicembre dirigerà i Berliner Philharmoniker in Rihm e Bruckner) è evidente nella sua continua ricerca di un fraseggio a lunghe campate e di un legato pieno di calore, a proiettare la musica sempre in avanti, lo è molto meno a livello di un amalgama sonoro poco incline alla sensualità. Nella terza replica di questo concerto scaligero, trasmesso in diretta streaming su LaScala TV, Ein Heldenleben aveva tutto il fascino di un lavoro traboccante di melodie – esemplare il primo violino della Filarmonica scaligera Francesco De Angelis nel far venire fuori la pregnanza espressiva del tema in cui il compositore ha ritratto la moglie Pauline – senza però lasciar trasparire più di tanto l’inquietudine sensuale e malata che serpeggia quasi sempre nella musica di Richard Strauss. Lo si è avvertito subito con l’affiorare morbido e discreto, nelle prime battute, del tema affidato ai violoncelli e ai corni, lo si è avvertito nella definizione quasi calligrafica richiesta agli orchestrali nella sezione di sviluppo, lo si è avvertito nel quieto sprofondare del lungo poema verso una conclusione in sordina, a rappresentare il ritiro dell’Eroe dal mondo. Se questo approccio ha smorzato da un lato la sensualità della partitura dall’altro ne ha smussato anche i tratti di evidente autocompiacimento, perché la ridda di autocitazioni da lavori precedenti (c’è davvero di tutto: dall’opera giovanile Guntram ad Also sprach Zarathustra, da Don Juan a Till Eulenspiegel) rivela quanto l’eroe del poema sia lo stesso compositore, come lo rivelano certe preziosità timbriche che dello stile straussiano sono il marchio. La lettura della direttrice australiana, quindi, ha fatto emergere i lati più intimi e cameristici della partitura, in particolare nella lunga coda culminante in un delicato abbraccio sonoro tra il corno, che rappresenta il compositore, e il violino il quale, come si è detto, rappresenta la moglie; se questo momento potrebbe prestarsi a una sensualità di tristaniana memoria, sul podio Simone Young ha puntato ad altro, regalando alla platea una conclusione morbida e quieta, nel segno di un’intima dolcezza che nemmeno la teatralissima citazione, a valori larghi, del tema principale di Also sprach Zarathustra nelle ultimissime battute riusciva a perturbare.

Del Concerto per violino di Brahms Sergej Krylov non è l’interprete ideale nel senso in cui può essere l’interprete ideale dei Concerti di Paganini, perché il suo virtuosismo istrionico e pungente, tutto scatti ritmici e improvvise illuminazioni timbriche, sulla carta è piuttosto distante dal cantabile e dalla scrittura molto ben articolata sul piano strutturale del Concerto brahmsiano. Alla Scala ne è sortita una interpretazione insolita, giocata su continui chiaroscuri timbrici e dinamici e su una ricerca quasi manieristica intorno ai dettagli, quasi in controtendenza rispetto al fraseggio morbido e quieto dell’orchestra. Eravamo lontani anni luce da interpretazioni nobile e composte come quella di Leonidas Kavakos, solo per fare un nome, però la rinuncia alla ricerca di una apollinea levigatezza del suono ha lasciato spazio a un’inquietudine del ritmo e, soprattutto nella cadenza del primo movimento, a un accendersi improvviso della temperatura virtuosistica, due caratteristiche che sono proprie da sempre del violinismo di Krylov. Certo, un virtuoso come Krylov si trova più a suo agio con la brillantezza del terzo movimento che con gli abbandoni lirici del secondo, però alla Scala la discrezione con cui il suo violino, proprio nel secondo movimento, accompagnava il meraviglioso tema dell’oboe, un accompagnamento tenuto tutto sullo sfondo per non rubare la scena nemmeno per un solo attimo al compagno di viaggio, uno strumento a fiato che con impertinenza si intromette da protagonista nel ben mezzo di un concerto per violino, ha rivelato l’intelligenza di un interprete consumato, capace quando occorre di sublimare in musica il suo virtuosismo e capace anche, se la musica lo richiede, di rinunciare all’esibizione del proprio ego. Un virtuosismo ancora intatto dopo tre decenni e oltre di carriera: lo ha rivelato il bis, una Obsession dalla Seconda sonata per violino solo di Ysaÿe levigata alla perfezione nell’intonazione, nel colpo d’arco e nei contrasti dinamici e suonata in souplesse, a riprova di un dominio della tecnica assolutamente fuori dal comune.

Luca Segalla

Data di pubblicazione: 26 Novembre 2024

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