WAGNER Parsifal: Preludio dall’Atto I, Incantesimo del Venerdì santo dall’Atto III NONO A Carlo Scarpa, architetto, ai suoi infiniti possibili BRUCKNER Sinfonia n. 3 in Re minore (versione del 1873) Gustav Mahler Jugendorchester, direttore Ingo Metzmacher
Pordenone, Teatro Comunale Giuseppe Verdi, 2 settembre 2024
Non credo sia esagerato affermare che ogni esibizione della Gustav Mahler Jugendorchester rappresenti un vero e proprio evento, un’autentica festa musicale tale da richiamare ad ogni appuntamento un pubblico numerosissimo ed esultante, non solo per il vasto repertorio di volta in volta dimostrato (spaziante dalla Wiener Klassik al Novecento), ma soprattutto per la qualità e lo splendore delle interpretazioni. Ciò è avvenuto anche lunedì 2 settembre 2024 presso il Teatro Giuseppe Verdi di Pordenone, nell’ambito della tournée concertistica estiva della compagine (un secondo concerto avrà luogo nel capoluogo friulano il 4 settembre). Sotto la direzione di Ingo Metzmacher, l’orchestra si è cimentata in un programma particolarmente denso, compatto e non poco arduo: nella prima parte della serata, è stata la volta del Preludio dall’atto primo del Parsifal, seguito senza soluzione di continuità da un lavoro di Luigi Nono (un omaggio per il centenario della sua nascita) dedicato all’architetto Carlo Scarpa (e risalente al 1984) e dall’Incantesimo del Venerdì Santo dall’atto terzo del Parsifal, dando vita ad un trittico affatto originale, da Metzmacher concepito come una sinfonia in tre movimenti. Ne è scaturita un’interpretazione particolarmente coinvolgente, nella quale sono emerse appieno le non comuni potenzialità della formazione: dalla straordinaria ricchezza delle dinamiche (con il morbido mormorio dei pianissimi e i fortissimi più deflagranti), alla gamma suggestiva delle sfumature coloristiche (come nel Preludio del Parsifal)e alla cura infinitesimale di ogni singolo dettaglio, culminante quest’ultima nella rarefatta, arcana creazione di Nono, tradotta con un rigore pressoché assoluto anche nella resa della sua peculiare concezione architettonica, ispirata a quella dell’amico Carlo Scarpa, tesa a combinare tradizione e modernità (l’opera, concepita per una grande orchestra e imperniata su due note, è costituita da 72 battute, corrispondenti agli anni vissuti dall’architetto veneziano).
Nella seconda parte è stata presentata la vasta Terza Sinfonia di Anton Bruckner, nella versione originale del 1873 (la più ampia ed articolata delle tre effettuate dall’autore): una scelta tesa a celebrare i 200 anni della nascita del grande musicista austriaco, oltre a collegarsi organicamente ai brani wagneriani, dato che questa Sinfonia venne dedicata «al Maestro Richard Wagner in profondissima venerazione». Anche in questo caso l’interpretazione offerta a Pordenone ha messo pienamente in luce il taglio analitico e la coerenza dell’impostazione direttoriale di Metzmacher insieme al non comune valore esecutivo dell’orchestra giovanile, grazie allo splendore timbrico degli ottoni, alla dolcezza dei legni, al velluto degli archi, e ciò fin dalle prime battute del movimento iniziale, col brulichio di questi ultimi e i suoni tenuti dei legni, al di sopra dei quali una tromba emerge con il misterioso tema principale. Il vertice espressivo è stato raggiunto, a mio avviso, con l’intima partecipazione all’impronta religiosa dell’Adagio (ove fa capolino un inciso derivato dal Preludio del Tristan wagneriano), ove gli archi hanno potuto emergere in tutto il loro fervore e la loro morbidezza, mentre nello Scherzo ha potuto diffondersi con pertinente freschezza il profumo popolaresco dell’invenzione. Parimenti efficace anche la resa del grandioso Finale, con i suoi richiami al primo tempo, puntualmente evidenziati, l’eco wagneriana di taluni passaggi e con le movenze danzanti precedenti la grandiosa conclusione (quest’ultima, per la verità, non pienamente a fuoco, nonostante la sua luminosità).
Al termine della serata, il pubblico ha tributato al direttore e all’orchestra una vera e propria ovazione con ben 10 minuti di applausi: un successo indubbiamente doveroso.
Claudio Bolzan