BEETHOVEN Sonate per pianoforte: n. 19 in sol minore, op. 49 n. 1; n. 3 in do maggiore, op. 2 n. 3; n. 8 in do minore, op. 13 “Patetica”; n. 24 in fa diesis maggiore, op. 78; n. 23 in fa minore, op. 57 “Appassionata” pianoforte Christian Leotta
Cernobbio, Villa Erba Antica, 30 marzo 2023
E’ approdato a Villa Erba (Cernobbio) il decimo e conclusivo concerto del monumentale ciclo “Il linguaggio universale della musica: le 32 Sonate per pianoforte di Ludwig van Beethoven”, eseguito dal pianista Christian Leotta. Mediante le cinque Sonate interpretate è stato possibile osservare la radicale e straordinaria evoluzione dello stile, della forma e del linguaggio di Beethoven, dalla gioventù alla maturità, creando un’atmosfera di vero raccoglimento e intimità.
Le composizioni di Beethoven annunciano un’anima di poeta che non avrebbe potuto rivelarsi altrimenti che con la musica. Le sue opere si fondano, il più delle volte, su elementi psichici: sono gli stati d’animo che lo ispirano e che la sua musica esprime e fa comprendere.
Lo stile della Sonata op. 49 n. 1 è quello della tarda giovinezza del compositore ed è simile alle pagine musicali di Carl Philipp Emanuel Bach e Haydn. Il clima è grazioso, amabile e, nel contempo, rustico, alla Haydn. Commovente è l’Adagio della Sonata op. 2 n. 3, in forma di Lied, patetico e di squisita sensibilità, quasi elegiaco. La Sonata Patetica segna il vertice della produzione pianistica beethoveniana prima del 1800. L’originalità del musicista di Bonn sta nella capacità di attribuirle una potenza espressiva alla quale anche l’ascoltatore meno attento non può rimanere insensibile. Nella Sonata op. 78 (À Thérèse) traspare un profumo poetico e un’affettuosa tenerezza. La Sonata op. 57 (Appassionata) rispecchia, in tutta la sua entità, il ritratto psicologico di Beethoven tramandatoci dalla storia. Vi è una potenza espressiva del tutto nuova ed emerge uno schema rigoroso che ne disciplina le linee di forza: modifiche dell’armonia, utilizzo dei silenzi, cambiamenti ritmici, contrapporsi dei registri (grave, medio, acuto), valore timbrico, variazioni di intensità. Tutti elementi contenuti nel programma proposto che, in sintesi, hanno sottolineato le peculiarità insite nella musica di Beethoven.
Christian Leotta è oggigiorno fra i più autorevoli interpreti di Beethoven. Pur attenendosi alla “tradizione”, non è esente da qualche spunto innovativo, ma non si spinge mai oltre le righe, dando talvolta una nuova visione, estremamente persuasiva, della musica beethoveniana. La sua è una raffinata lettura, che esalta la concettualità delle pagine eseguite. Fluidità, fraseggio declamato ma mai retorico, freschezza d’ispirazione e fantasia coloristica sono state alcune delle caratteristiche più evidenti del suo récital. Impalpabili le sue sfumature, dipinte come in una tela. Il suono, sempre plastico, ha riservato splendide velature e luminosità facendo emergere, con naturalezza, tutta la pienezza dell’elevazione spirituale insita nelle partiture.
Leotta affronta le composizioni di Beethoven con sicurezza e intelligenza, oltre che con una cura del suono molto attenta e con una precisione che, in Beethoven, è sempre un presupposto fondamentale. Sfoggia tutta la sua bravura tecnica affrontando ogni sorta di difficoltà. La tastiera è sempre in suo possesso, in qualsiasi situazione. Suona con intensità, brillantezza, eleganza e gusto straordinari; il suo tocco è nitido e brillante; la sua fantasia interpretativa è in grado di affrontare il lirismo più estenuato e i passaggi più indemoniati.
Il pubblico ha riservato a Christian Leotta vere e proprie ovazioni, sottolineando un gradimento unico e, per certi aspetti, irripetibile. Uno il bis concesso: L’Adagio cantabile dalla Sonata in do minore, op. 13 (Patetica).
Alberto Cima
Foto: Manuela Marchesini