ROSSINI Il barbiere di Siviglia D. Monaco, A. Stroppa, N. Zemlianskikh, D. Giulianini, L. Bernad, D. Mazzucato, W. Hernandez, L. Zaganiga, F. Toso; Orchestra di Padova e del Veneto e i Solisti Veneti, Coro Lirico Veneto (maestro del coro Giuliano Fracasso), direttore Giuliano Carella regia, scene, costumi, light design e coreografie Paolo Giani Cei
Treviso, Teatro comunale Mario Del Monaco, 8 dicembre 2013
Per il secondo spettacolo della stagione operistica del trevigiano Teatro Comunale, allestito venerdì 8 dicembre, si è puntato su un titolo di sicuro richiamo: Il barbiere di Siviglia, celeberrimo capolavoro rossiniano, affidato ad un gruppo di interpreti di notevole caratura, guidati dalla sicura ed incisiva direzione del maestro Giuliano Carella, a capo dell’Orchestra di Padova e del Veneto, unita ai solisti Veneti e al Coro Lirico Veneto (guidato da Giuliano Fracasso). Va subito detto che si è trattato di uno spettacolo a tutto tondo, sorretto da una trascinante vitalità ed esuberanza, tali da valorizzare in modo adeguato un’opera teatrale tra le più esuberanti, tale da vantare un numero impressionante di allestimenti ormai entrati nella storia dell’interpretazione. Oltre alla conduzione trascinante di Carella, il capolavoro ha potuto contare su una compagnia di canto mediamente compatta, omogenea ed adeguata alle peculiarità del linguaggio e dell’impervia vocalità rossiniana, a cominciare dall’interessante Rosina di Annalisa Stroppa, un mezzosoprano dotato di una voce morbida, densa ed omogena in tutti i registri, capace di acuti sfolgoranti, ma molto efficace anche nella tessitura medio-grave. La sua è stata una Rosina giovane, sicura di sé, a tratti spavalda, sempre in grado di dipanare con la dovuta fluidità e flessibilità le più complesse colorature, oltre che dotata di una notevole presenza scenica e di una dizione sempre molto nitida. Sostanzialmente rispondente al suo ruolo anche il Conte d’Almaviva di Dave Monaco, la cui voce limpida e screziata è risultata del tutto rispondente ad un innamorato giovane, esuberante e determinato (anche se verso la fine dell’opera è parso un po’ affaticato). In ogni caso il personaggio più riuscito può essere considerato l’esilarante Don Bartolo di Daniel Giulianini, un basso comico di notevole profilo, dotato di una voce corposa, brunita e potente, utilizzata con una ammirevole duttilità, oltre che perfettamente calzante al ruolo del perfido antagonista. Allo stesso livello il Don Basilio di Leonard Bernad, parimenti rispondente alla sua funzione di aiutante di Don Bartolo, grazie ad una vocalità di notevole spessore e ad una efficace presenza scenica. Anche il vivace Figaro del baritono Nicolai Zemlianskikh si è distinto come un interprete adeguato, anche se in alcuni numeri d’insieme non è riuscito ad emergere appieno rispetto agli altri a causa soprattutto di un timbro troppo chiaro, talvolta sommerso dall’orchestra. Ed è un peccato, perché nei pezzi solistici è emerso con la dovuta vivacità, distinguendosi anche come attore. Un vero e proprio cammeo può essere considerata, infine, la prova di Daniela Mazzuccato, una Berta senile, ma proprio per questo realistica ed efficace.
Come sopra accennato, la direzione di Carella ha impresso all’intera partitura uno slancio e un’energia irresistibile, a tratti anche troppo, per cui un ulteriore plauso va tributato a tutti i cantanti che hanno saputo sostenere da cima a fondo il ritmo e la vitalità impressi anche nei passaggi più vorticosi, brillanti e virtuosistici.
La regia piuttosto chiassosa e le scenografie di Paolo Giani Cei sono state finalizzate ad inserire tutti i personaggi in un mondo surreale, nel quale gli strumenti del mestiere di Figaro sono stati ingigantiti, creando situazioni a dir poco paradossali, non sempre persuasive (come la grande ciotola della schiuma da barba calata dall’alto alla fine del primo atto, nella quale si tuffavano ragazzi e ragazze in costume da bagno). Poco efficaci, infine, i costumi dei personaggi maschili, molto simili tra loro e alquanto generici, in netto contrasto con quelli di Rosina e delle comparse (fin troppo numerose).
Claudio Bolzan