PUCCINI La Bohème C. Lopez Moreno, I. Ayon Rivas, A. Luongo, G. Failla, S. Cortolezzis, A. Corrado; Orchestra e Coro del Puccini Festival, direttore Michelangelo Mazza regia, scene, costumi e disegno luci Massimo Gasparon
Torre del Lago, Festival Puccini, 20 luglio 2024
La Bohème, senza voler stilare una classifica fra i titoli dell’autore, sterile esercizio che in questa occasione lasciamo ad altri, forse interessati ad aspetti che hanno poco a che fare con la musica, è in ogni caso un’opera che crea immediatamente, sin dal primo ascolto, anche al più sprovveduto musicofilo, una sensazione di familiarità e di appartenenza. Le vicende narrate vengono personalizzate diventando colonna sonora di esperienze personali. Si potrebbe obiettare che in fondo Puccini non sia stato l’unico a narrare storie di vita che rivelano sogni, aspirazioni, amori reali o platonici, incondizionati o tragicamente spezzati. Puccini riesce però a creare quella magia che, solo grazie alla genialità ed anche forse per una serie di coincidenze fortunate, certe volte è accaduta nella storia del melodramma. Oggi pare assurdo pensare che per problemi ed ostacoli legati alla concessione dei diritti, rivalità fra autori o ripensamenti, abbiamo corso il rischio di non poter ascoltare La Bohème. Non è opera di tutti, ma di ognuno. Mimì, Rodolfo, Marcello, Musetta diventano immortali perché immortali sono i valori che rappresentano. All’ascoltatore rimane la facoltà di scegliere in quale di essi identificarsi, riconoscente con l’autore per aver in qualche modo sonorizzato la propria vita con temi e melodie che rimangono scolpiti nell’anima e nel cuore.
La componente teatrale e letteraria e la narrazione sono fondamentali, senza dubbio, ma trovano un loro limite proprio nella parola che è indispensabile per esprimere concetti, ma che senza la musica, anch’essa un linguaggio che supera i limiti del linguaggio verbale, risulterebbe incompleta. Con queste riflessioni grande era l’attesa per la prima della Bohème alla 70° edizione del Festival Puccini a Torre del Lago, che quest’anno coincide con le celebrazioni del centenario della morte dell’autore.
Diciamo subito che le aspettative non state deluse. Questa Bohème, con la direzione di Michelangelo Mazza e la regia, scene, costumi e disegno luci di Massimo Gasparon ha regalato al folto pubblico che ha riempito le gradinate del suggestivo teatro all’aperto sulle sponde del lago, tanto amato dal maestro, momenti di grande emozione, che è in fondo quello che ci si aspetta da Bohème. Di ottimo livello il cast, giovane, è importante sottolinearlo, con perfetta scelta di attribuzione dei personaggi in base alle caratteristiche timbriche: Mimì — Carolina Lopez Moreno, Musetta — Sara Cortolezzis, Rodolfo — Ivan Ayon Rivas, Marcello — Alessandro Luongo, Schaunard — Gianluca Failla e Colline — Adolfo Corrado. Michelangelo Mazza ha diretto con mano sicura l’Orchestra del Festival (con molti giovani fra le file, anche in questo caso è importante rilevarlo, ed è sempre un piacere vederli) evidenziando le ricercate armonie e le complesse dinamiche che da sempre rappresentano gli ostacoli più impegnativi da superare per garantire la buona riuscita dell’esecuzione. Le armonie, appunto. Chi scrive, pianista, ha il privilegio di poter “leggere” l’opera nella riduzione per pianoforte, ed è proprio in questa versione che si svelano e si possono gustare le raffinate armonie. Quando un’orchestra, come in questa occasione, riesce a far percepire l’elegante gusto armonico pucciniano, è grazie alle capacità del direttore che non si limita a condurre in qualche modo l’ensemble strumentale dal principio alla fine, ma lo rende protagonista anch’esso ed indispensabile supporto per la narrazione, come nelle intenzioni del compositore. La soddisfazione del pubblico è stata evidente, con meritati applausi dopo le arie più celebri e soprattutto al termine con le numerose chiamate sul palcoscenico, probabilmente anche perché, come abbiamo avuto modo di considerare in una piacevole conversazione nell’intervallo con il direttore artistico del Festival, M° Pier Luigi Pizzi, capolavori come Bohème così come altri titoli pucciniani ma anche di altri compositori, sono capolavori in quanto tali ed hanno bisogno di essere affrontati con umiltà, passione e competenza, togliendo forse un po’ di polvere ed utilizzando, come in questa serata, accorgimenti tecnici che la moderna tecnologia ci consente, ma sempre nel rispetto della contestualizzazione, della scenografia e dei costumi, esattamente come fatto per questo allestimento. La Bohème è stata definita la prima opera pop, per la passione ed entusiasmo da subito manifestato dal pubblico e, con un poco di ritardo, forse, dalla critica. Non è forse un caso che il più grande compositore di musical del nostro tempo, Andrew Lloyd Webber, che ha elevato questo genere ai livelli qualitativi e di popolarità dei migliori melodrammi ottocenteschi, abbia più volte detto che il suo punto di riferimento è sempre stato Puccini, certificando la genialità e modernità, in certi casi in anticipo sui tempi, delle sue opere. Si può essere o non essere d’accordo su quest’affermazione ma una cosa è certa: dopo aver ascoltato Bohème ci si rende conto che la nostra vita sarebbe un po’ più vuota senza Puccini. Una reale e suggestiva luna piena che è comparsa alle spalle della scenografia durante la rappresentazione, accessorio perfetto che la natura ha voluto donare al pubblico, ha accompagnato l’uscita degli spettatori, sorridenti, dal teatro. In attesa di altre emozioni che questo cartellone sicuramente ci regalerà.
Piero Barbareschi