SCHUMANN Sinfonia n. 2 op. 61, Sinfonia n. 4 op. 120Mahler Chamber Orchestra, direttore Daniele Gatti
Treviso, Teatro Comunale “Mario del Monaco”, 14 gennaio 2019
Dopo essersi esibita a Ferrara con lo stesso programma, la celebre Mahler Chamber Orchestra, diretta da Daniele Gatti, è approdata al Comunale di Treviso offrendo una personalissima interpretazione dei due capolavori schumanniani, appartenenti a due diverse fasi dell’attività creativa dell’autore: come è noto, infatti, la Seconda Sinfonia op. 62 venne realizzata tra il 1845 e il 1846, in un periodo nel quale l’autore aveva iniziato a studiare a fondo l’opera di Bach (peraltro variamente citato nei quattro movimenti della stessa opera), mentre la Quarta Sinfonia op. 120 venne ultimata a Düsseldorf nel 1851, appartenendo quindi all’estrema produzione del musicista, anche se una prima versione di questo lavoro era già stata realizzata dieci anni prima. Nel presentare queste due complesse partiture, Daniele Gatti ha voluto evidenziare la loro serrata logica costruttiva tramite una scelta di fondo sostanzialmente analitica, tesa a mettere in luce la loro peculiare unitarietà motivico-tematica, facendo ben emergere le molteplici citazioni, i rimandi o le reminiscenze presenti in entrambe le opere, l’ultima delle quali concepita come un unico blocco sinfonico, potentemente unitario, sia dal punto di vista formale che da quello espressivo. Oltre a ciò il direttore ha voluto imprimere un taglio decisamente assertivo, energico e, a tratti, spigoloso, dando vita ad un’interpretazione al calor bianco, assai apprezzata dal pubblico accorso numeroso in teatro. Le due Sinfonie hanno così potuto contare su una vitalità non sempre conseguita in altre esecuzioni e tale da lasciare spesso senza fiato l’ascoltatore per la condotta particolarmente serrata ed incisiva, la qual cosa è stata possibile grazie all’autentico virtuosismo della compagine orchestrale (in buona parte costituita da giovani strumentisti), sia nella sezione degli archi sia in quella dei fiati (notevolissimi, in particolare, i legni), un virtuosismo tale da permettere una compattezza e coesione affatto encomiabili in tutti i movimenti. Da brivido, in particolare, la resa del bellissimo Adagio espressivo della Seconda Sinfonia, una delle più alte espressioni del sinfonismo schumanniano e romantico in genere, e altrettanto coinvolgente il serrato crescendo posto come transizione dal terzo e quarto movimento della Quarta, fino a culminare nell’incredibile Presto finale, ove è emerso con adeguata efficacia l’apporto degli ottoni. Per quanto discutibile possa esser sembrato il taglio interpretativo messo a fuoco da Daniele Gatti, non possiamo disconoscere la coerenza e la determinazione nel perseguire tali esiti, capaci di offrire un’immagine sostanzialmente innovativa del genio schumanniano, anche nelle sue opere sinfoniche, fin troppo spesso percepite attraverso il filtro di discutibili luoghi comuni o, comunque, poste in secondo piano rispetto la produzione pianistica e liederistica.
Claudio Bolzan