MOZART Sinfonia n. 41 K 551 in do maggiore “Jupiter” MUSORGSKIJ Quadri di un’esposizione (trascrizione per orchestra di Maurice Ravel) Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, direttore Andrés Orozco-Estrada
Torino, Auditorium Rai Arturo Toscanini, 14 ottobre 2023
«Una serata piena di gioia». Queste le parole di Andrés Orozco-Estrada, tra le bacchette più richieste del momento, in occasione del debutto quale direttore principale dell’Orchestra Sinfonica della Rai, incarico che manterrà per tre anni. La sala è piuttosto vivace, il clima è festoso e piuttosto rilassato, quasi colloquiale: d’altra parte Orozco-Estrada non è un volto estraneo al pubblico torinese, che da parte sua (e proprio in questo auditorium) ha già avuto modo di vederlo all’opera in più di un’occasione. Tutto è pronto per il debutto ufficiale: salito sul palco, il direttore d’orchestra colombiano saluta il pubblico dell’edificio di via Rossini con la consueta affabilità, determinatissimo ad attaccare le prime battute della sinfonia “Jupiter”, ultimo cimento di Mozart in campo sinfonico, quindi dei Quadri di un’esposizione di Modest Musorgskij. Una composizione, quest’ultima, che com’è noto venne concepita per pianoforte ma di cui viene in questo caso eseguita la celebrata trascrizione per orchestra di Maurice Ravel; trascrizione che non è mai soltanto tale, ma che è anzi vera e propria rielaborazione, autentica reinterpretazione del materiale sonoro, almeno in parte persino sostanziale invenzione di nuova musica, di colori, suggestioni, ambientazioni inedite. Ma Mozart, per prima cosa: Il Mozart di Orozco-Estrada non è strabordante, non è urlato, è (nel rispetto, ad esempio, delle dinamiche) un Mozart talvolta quasi confidenziale. Non è forse un caso che lo stesso Orozco-Estrada vi si approcci senza impiegare la bacchetta, suggerendo così al pubblico (ma agli orchestrali prima di tutto) un’idea di sinfonismo relativamente intimo, ad ogni modo più da camera che da sala da concerto, laddove invece nei Quadri di un’esposizione impugnerà la bacchetta per domare una grande orchestra ormai fin de siècle e anzi di primo Novecento. Restiamo però ancora un momento sulla sinfonia del compositore salisburghese: il direttore colombiano ci restituisce un primo movimento traboccante vivacità, precisione nella trama ritmica e nella chiarezza armonica; tutto ciò si mantiene immutato anche nello sviluppo del primo movimento, che in Mozart rappresenta, non di rado, tra i momenti più memorabili, e questo a prescindere dal fatto che si tratti di sinfonia, concerto o sonata. Il punto è che in un compositore mediocre lo sviluppo potrebbe talvolta passare persino quasi inosservato, quasi fosse un pesante (per quanto non meno necessario) orpello tra il tema d’avvio e il successivo lirismo del secondo movimento; in Mozart (e in Haydn, per dire) lo sviluppo è un momento di creatività altissima, al punto che la totalità della composizione ne guadagna in maniera decisiva. Non avrò bisogno, ancora, di ricordare che tra gli elementi più interessanti della “Jupiter” v’è la tendenza imitativa e contrappuntistica, in particolare nell’ultimo movimento, figlia di un ultimo Mozart vicino alla scrittura e allo stile degli antichi maestri, in particolare quelli appartenenti alla stagione proprio a Mozart precedente.
Circa un novantennio separa la mozartiana “Jupiter” dalla prima versione dei musorgskijani Quadri di un’esposizione, ben centotrentotto anni se consideriamo l’epoca (precisamente il 1922) in cui Ravel realizzava la sua orchestrazione, che a noi qui interessa; un arco di tempo molto lungo della storia della musica occidentale, che produsse, tra l’altro, rivoluzionarie innovazioni in materia strumentale come in quella del linguaggio, dello stile, più in generale dello sviluppo orchestrale: passando da Mozart a Musorgskij, Orozco-Estrada sembra voler mettere in mostra la propria duttilità, cioè a dire la padronanza del grande repertorio occidentale. Certo non è il solo, tra i direttori principali che si sono susseguiti alla guida di questa sempre meglio assortita compagine, a possedere tali qualità; in tal senso Orozco-Estrada si inserisce nel segno della continuità, ma alla guida di un’orchestra che negli ultimi quindici anni (da quando, cioè, iniziai a seguirla con una certa regolarità) è maturata parecchio. Rispetto agli immediati predecessori, Orozco-Estrada potrà lavorare con un’orchestra ancora più compatta, duttile ed esperta. Non starò a indugiare su alcuni peccati veniali emersi durante la serata, del resto non frequenti, come ad esempio una non sempre sufficiente omogeneità di fraseggio tra una sezione strumentale e l’altra, per non dire, forse, di altre piccole questioni che si potrebbero gesuiticamente, e quindi in questo caso a mio avviso con superflua, testarda pignoleria, sottolineare; conta il fatto di aver assistito a una serata musicale di qualità, a prescindere naturalmente da certe scelte musicali che presumibilmente (anche cercando di captare gli umori del pubblico) non avranno accontentato il gusto di tutti. Dell’orchestra Rai ho già detto; aggiungo che per il sottoscritto Andrés Orozco-Estrada merita il successo che ha sin qui ottenuto, per cui, curiosissimi, noi di MUSICA continueremo a seguirne le tappe nella maniera più costante possibile.
Marco Testa
Foto: PiùLuce/OSN Rai