SCHUBERT Ottetto Ensemble Il Pomo d’Oro Z. Valova (violino) N. Robinson (violino), A. De Martini (viola), L. Minasi (violoncello), J. Alvarez (contrabasso), F. Spendolini (clarinetto), A. Perez (fagotto), C. Binde (corno)
Roma, Museo Nazionale Etrusco, 17 settembre 2022
Il 7 ottobre, su questo sito (https://www.rivistamusica.com/schubert-a-villa-giulia/), abbiamo presentato il piccolo festival Schubertiade, che si è svolto dal 13 al 17 settembre nel giardino centrale del Museo Nazionale Etrusco della magnifica Villa Giulia a Roma. Ho ascoltato l’ultimo concerto di quelli in programma, l’Ottetto perché, a ragione dell’inconsueta dimensione e struttura dell’ensemble, non è spesso presente nei programmi delle stagioni di musica da camera e perché è stato eseguito dal Pomo d’Oro, un‘orchestra specializzata in musica antica. Nonostante il freddo e le raffiche di vento (in poche ore la temperatura a Roma è scesa di oltre 10 gradi), il concerto era tutto esaurito e gli spettatori sono rimasti sino alla fine. L’esecuzione è stata preceduta da un dialogo-presentazione di Francesco Antonioni (direttore artistico del ciclo) e Maria Vittoria Marini Clarelli (dirigente del Ministero della Cultura).
L’Ottetto fu scritto da Schubert in breve tempo, nel 1824, su commissione dell’intendente dell’arciduca Rodolfo, conte Ferdinand Troyer, clarinettista dilettante. Questi, quando invitò il musicista a comporre l’Ottetto, impose la clausola che fosse «esattamente come il Settimino di Beethoven». E in effetti il lavoro che Schubert gli consegnò era simile al modello. Identica è la composizione dei fiati con il clarinetto, il corno e il fagotto (il Settimino si trasforma in Ottetto solo perché Schubert aggiunge un violino agli archi), uguale è il numero dei movimenti, sei come in Beethoven, e uguale è l’ordine in cui sono disposti. Dopo alcune esecuzioni private, l’Ottetto fu presentato al pubblico viennese il 16 aprile 1827 mentre la pubblicazione avvenne venticinque anni dopo la morte dell’autore.
Nella esecuzione a Villa Giulia, la violinista Zefira Valova dava il “la” ed i tempi, nonché coordinava l’insieme del gruppo. Il temperamento lirico e romanticamente cantabile di Schubert è presente sin dal primo movimento con due temi, uno lento e l’altro vivace, alternati e fusi con una sensibilità strumentale di elegante fattura. Pieno di malinconica musicalità è l’«Adagio» dominato dal timbro pastoso del clarinetto, senza tuttavia sacrificare troppo gli archi e le altre voci concertanti. L’Allegro vivace è uno scherzo di tono frizzante e con venature umoristiche, intercalato da un trio dagli accenti vagamente popolareschi e danzanti. L’Andante è un tema con variazioni, che riprende e sviluppa il motivo idillico di un duetto d’amore composto da Schubert nel 1815. Particolarmente carezzevole nel suo sfumato ritmo di danza è il Minuetto con i lontani accordi del corno. Un senso di sospensione e di attesa si percepisce nell‘Andante molto sul vibrato degli archi; ma solo per poco, in quanto tutto ritorna chiaro e sereno nell’Allegro finale, come un arcobaleno dopo la tempesta. Secondo il musicologo inglese Maurice Brown, diversi studiosi hanno sottolineato il fatto che l’Ottetto «riassume lo spirito della Vienna Biedermeier, con la musica delle sue strade, dei suoi Kaffehäuser, dei suoi teatri, del suo Prater, delle sue sale da ballo».
Nonostante varie rispondenze, compreso il comune riferimento alla Serenata e al Divertimento settecentesco, l’Ottetto, nel dolce intimismo romantico, nella serena inventività delle melodie, nell’incantata tenerezza, nella purezza malinconica, nella dimensione poetica dell’insieme, rimane una incontrovertibile espressione del più autentico Schubert. Paolo Petazzi ha correttamente scritto che «tutto ciò, naturalmente, si realizza attraverso una scrittura di esemplare purezza cameristica: la fusione tra i cinque archi e i tre fiati e le molteplici combinazioni cui possono dar vita sono sfruttate da Schubert in modo magistrale, con esiti di straordinaria suggestione timbrica»
Nel breve Adagio iniziale il Pomo d’Oro ha creato in una suggestiva e misteriosa atmosfera, che introduce al successivo Allegro, in cui il gioco brioso degli strumenti è percorso a tratti da sommessa inquietudine. Si avvertono echi settecenteschi. Nel secondo tempo, Andante un poco mosso, viene sottolineato un clima chiaramente romantico di trepidante e trasognata contemplazione articolato dalla melodia del clarinetto. L’Allegro vivace è uno scherzo dall’ampio respiro sinfonico, fortemente ritmato nella prima parte e con richiami alle pittoresche vivaci danze viennesi di puro sapore popolare. Nel quarto movimento Andante, Schubert riprende il tema di un duetto, composto nel 1815. In questa esecuzione, la linea melodica del tema, esposta dagli archi e dal clarinetto, viene poi ripresa volta a volta da ciascuno degli strumenti i quali, col proprio accento particolare, si esibiscono quasi tutti in eleganti arabeschi di galante reminiscenza. Il Minuetto è un omaggio allo spirito della mondanità viennese dell’epoca. Dopo un brevissimo introduttivo Andante molto, di drammatica forza espressiva, l’Allegro finale si lancia, con andamento impetuoso qua e là frenato da improvvise soste, verso la sfavillante corale conclusione in cui l’ensemble primeggia.
Pubblico infreddolito ma plaudente.
Giuseppe Pennisi
Foto: Flavio Ianniello