MOZART Concerto per pianoforte n. 12 in La maggiore K 414; Concerto per pianoforte n. 14 in Mi bemolle maggiore K 449 BEETHOVEN Sonata per pianoforte n. 21 op. 53 in Do maggiore “Waldstein” pianoforte e direttore Louis Lortie Orchestra I Pomeriggi Musicali
Milano, Teatro Dal Verme, 6 maggio 2023
Sulla replica del sabato pomeriggio del concerto dei Pomeriggi gravava la minaccia di uno sciopero indetto dalla Cgil, e contro il quale gli altri due sindacati confederati si sono espressi in maniera netta: le motivazioni, espresse anche in un volantino distribuito all’entrata del teatro, sono talmente vaghe e confuse che certamente non possono sperare, al di là della loro condivisibilità o meno, di trovare appoggio nel pubblico (e, per quel conta, in chi scrive). Alla fin fine, su 40 musicisti in organico, 10 solamente hanno scioperato: sufficienti, però, per nuocere all’impaginato originario del programma, che solo grazie alla generosità e all’arte di un grande musicista come Louis Lortie si è rivelato non meno interessante che sulla carta. I due concerti mozartiani, quindi, sono stati eseguiti senza fiati, nella cosiddetta versione “a quattro” (ossia con il quartetto d’archi, qui presente nella formazione di 5 primi, 5 secondi, 5 viole e 5 bassi, divisi tra 2 violoncelli e tre contrabbassi), mentre essendo impossibile offrire il Quarto concerto di Beethoven senza fiati (o almeno: di trascrizioni ne esistono certamente, ma – come ha notato lo stesso Lortie all’inizio del concerto – era impossibile procurarsele e provarle in poche ore) il grande pianista franco-canadese ha scelto di proporre la Waldstein, al concerto contemporanea.
Come spesso accade, le condizioni difficili stimolano gli artisti a dare il meglio: soprattutto nel Concerto n. 12 la formazione orchestrale alleggerita non ha fatto rimpiangere l’organico completo (per il n. 14 il discorso era un po’ diverso), e anzi i professori dei Pomeriggi hanno mostrato precisione, reattività e intensità come neppure era lecito sperare. Insieme a loro Louis Lortie, che da anni sta portando avanti una integrale dei concerti mozartiani nella doppia veste di pianista e direttore, mostra non solo un suono luminoso, intimamente cantabile (anche grazie ad un pianoforte Fazioli lucentissimo) e dalla dimensione autenticamente cameristica, ma sembra reinventare continuamente il suo fraseggio a seconda dell’ispirazione del momento: nelle cadenze, certo, ma anche nel resto del discorso musicale, che viene plasmato con l’istinto e la cultura del grande musicista. L’andante del K 414, poi, viveva di quell’equilibrio perfetto tra sorriso e malinconia che è l’essenza della musica di Mozart; mentre nel K 449, dove il suono di Lortie si fa a tratti più vellutato, morbido, riflessivo, l’Allegro non troppo finale, dalla scrittura vagamente contrappuntistica, mostra una ricchezza di idee e di “affetti” semplicemente sbalorditiva.
E poi la Waldstein, si diceva: che è stata suonata senza essere stata preparata a lungo, come lo stesso Lortie ha confessato al pubblico. E forse è stato pure meglio: la capacità di rapportare microstruttura e macrostruttura, il coraggio di non scegliere mai la via tecnicamente più comoda, l’impeto, la poesia, le idee, tutto ha congiurato insomma ad un’esecuzione semplicemente emozionante, che ha trascinato il pubblico, ripagato poi con un bis, il movimento lento della Patetica, di sobria e elegante cantabilità.
Nicola Cattò