MENDELSSOHN Le Ebridi, Ouverture in Si minore op. 26 SCHUMANN Concerto per violino e orchestra in Re minore SCHUBERT Sinfonia n. 6 in Do maggiore D 589 “La piccola” violino Daniel Lozakovich Orchestra Sinfonica di Milano, direttore Emmanuel Tjeknavorian
Milano, Auditorium di Milano, 24 novembre 2024
Tra i meriti per i quali l’Auditorium di Milano è da frequentarsi con affetto e curiosità intellettuale rimane principale la varietà dei programmi proposti. Se gli autori del concerto di domenica sono senza dubbio tra i più noti nel panorama ottocentesco, meno si può dire di due delle tre pagine in cartellone. Ed è con gran piacere che si è potuto gustare il concerto per violino di Robert Schumann: val la pena seguire le note accurate del libretto di sala per incuriosirsi circa il tormentato e in parte misterioso sviluppo che ne ha caratterizzata la stesura, tanto da divenire anche trama di un racconto, Ghost Variations, della scrittrice inglese Jessica Duchen. Difficile comprendere quali siano state le motivazioni che ne hanno occultata l’esistenza e allontanata di quasi cent’anni la data di esecuzione. Decisione voluta soprattutto dal dedicatario, Joseph Joachim e dalla vedova Clara Wieck e, alla luce di quanto hanno offerto Emmanuel Tjeknavorian e Daniel Lozakovich domenica pomeriggio, ancora più inspiegabile. Una lettura tesa del primo movimento, articolata con il giusto impeto tra le frasi orchestrali, di trascinante emozione, e le arditezze di pari introspezione e cupa riflessione del violino, che ha saputo però dare la giusta considerazione alla costruzione formale nella quale Schumann ha condotto l’articolato tempo iniziale. L’Adagio, sussurrato senza cadere mai nel facile preziosismo, ma rimanendo sempre nel rigore della forma e del ritmo, è stato così preludio di maggior serenità al rondò finale, quell’Allegro ma non troppo condotto con la giusta pulsione ritmica e dialogica tra solista e orchestra, svelandone così tutta la voglia di luce e serenità che era propria dell’ultima produzione di Schumann, spesso giocata sull’angosciante contrasto tra tenebre e luce che tanto ha influenzato gli anni finali della sua parabola umana, oltre che artistica. Meritata ovazione da parte del pubblico e affettuosi abbraci tra direttore e solista hanno aggiunto un carattere festoso all’esecuzione, cui si è aggiunto un funambolico bis di Daniel Lozakovich, dal primo movimento della Prima sonata per violino di Eugène Ysaÿe. La maturità tecnica, la sicurezza sia sul piano della piena comprensione formale che interpretativa sono stati acclamati con ulteriori, numerosi applausi al termine del bis.
Ad introduzione, Emmanuel Tjeknavorian ha offerto una meditata e raffinata esecuzione dell’Ouverture Le Ebridi. Pagina senz’altro più nota, che conserva tutto il suo fascino per la sapienza tra equilibrio formale e anelito descrittivo che la informano. Nella seconda parte della pomeridiana, la rasserenante Sinfonia in do maggiore di Schubert, detta “La piccola” ha svelato tutto il suo humor in bilico tra echi rossiniani ed eleganze viennesi. Tjeknavorian ha saputo coglierne la grazia dei movimenti centrali e l’arguta ironia dei due allegri lasciando libero spazio alle sezioni nel dialogare tra di loro e mantenendo saldi gli equilibri interni.
Ulteriori ovazioni con i ritmici applausi della platea e degli orchestrali diretti dallo stesso Tjeknavorian, il quale sorridente ha ringraziato per la spontanea dimostrazione d’affetto e stima ricevuti. Una prova, la sua, che ha convinto per il lavoro di approfondimento cui sono state sottoposte le tre partiture, merito senz’altro della voglia di lavorare e di mantenere viva la curiosità nei giorni precedenti al concerto, riversate sull’orchestra stessa, in forma smagliante in tutte le sue sezioni, con menzione particolare agli ottoni e ai fiati dei quali si è potuto apprezzare il timbro vario e la precisione di emissione.
Emanuele Amoroso