MOZART Die Zauberflöte J. Butryn, A. Kim, A. Sanz, R. Pogosov, A. B. Vedovato, M. Sardaryan, V. Brugnolo, D. Aksamit, E. Filipponi, M. Nardis, A. Ravasio, N. Ling, F. Abbiati, K. Kurti, L. Pigozzo, G. m. Zanini; Orchestra di Padova e del Veneto, direttore Giuliano Carella Coro lirico giovanile A.LI.VE di Verona, maestro del coro Paolo Fancincani regia, scene e costumi Paolo Giani Cei
Treviso, Teatro Comunale Mario Del Monaco, 22 novembre 2024
Dopo l’applaudita rappresentazione della pucciniana Madama Butterfly, la stagione teatrale trevigiana è proseguita venerdì 22 novembre con il nuovo allestimento della Zauberflöte di Mozart, affidata ad una compagnia di canto sostanzialmente omogenea (comprendente, tra gli altri, i vincitori del Concorso internazionale per cantanti “Toti Dal Monte”), diretta dal maestro Giuliano Carella a capo dell’Orchestra di Padova e del Veneto e del coro lirico giovanile A.LI.VE di Verona, con la regia, scene e costumi di Paolo Giani Cei: si è trattato di uno spettacolo molto atteso, tale da far ottenere il tutto esaurito già molte settimane prima, oltre a decretare un notevole successo.
L’interpretazione globale di Carella ha puntato soprattutto sugli aspetti più drammatici della partitura, conferendo all’intera rappresentazione un’impronta spesso assai assertiva, sempre ricca di forti contrasti, come emerso fin dalle battute iniziali dell’Ouverture(per la verità resa in modo un po’ troppo frettoloso): ciò è stato attuato mettendo in piena luce la contrapposizione tra luce e tenebre, bene e male, amore e morte, componenti indubbiamente presenti nell’opera mozartiana ed evidenziati anche dai costumi (sempre neri per i personaggi negativi, bianco quello per Pamina) e dalle scenografie, tese quest’ultime a richiamare l’antico Egitto, i suoi misteri ed i suoi rituali, insieme ai richiami simbolici della massoneria. Questo taglio, non poco sorprendente (predominante soprattutto nel primo atto), ha però avuto la conseguenza di porre in secondo piano le componenti magico-fiabesche con le loro suggestioni e finezze timbriche, rischiando in tal modo di avvicinare questa Zauberoper ad un melodramma ottocentesco (è doveroso comunque evidenziare l’eleganza degli interventi flautistici e quelli della celesta).
Come sopra accennato, la compagnia di canto è stata parzialmente coinvolta in questa visione, soprattutto per quanto riguarda la prova del tenore Andrew Kim, dotato di una voce senz’altro generosa e squillante, anche se fin troppo esibita, mentre sarebbe stato forse più opportuno optare per un più caldo, intimo lirismo, come invece ha fatto Aitana Sanz nelle vesti di Pamina, un soprano pienamente calato nella sua parte di giovane donna innamorata, insidiata dalle forze del male, grazie ad una voce morbida e suadente, utilizzata con la dovuta sensibilità. Altrettanto convincente ed autorevole il Sarastro di Jerzy Butryn, il cui timbro denso e brunito ha contribuito a rendere in modo altamente suggestivo le sue due fervide arie del secondo atto. Non meno riuscita la Regina della notte delineata da Maria Sardaryan, la quale ha affrontato le sue celebri, virtuosistiche arie con sicurezza, incisività e pienezza di voce (non a caso accolte dal pubblico con convinti applausi), rendendo in modo del tutto credibile la fredda crudeltà del personaggio. Altrettanto efficaci e applaudite le tre dame, affidate alle notevoli Vittoria Brugnolo, Daiana Aksamit ed Eleonora Filipponi, autentiche rappresentanti del mondo delle tenebre, con i loro costumi neri, le loro fruste, la loro aggressività. Assai divertente il Papageno di Rodion Pogosov (anche se il suo costume non era affatto rispondente alle caratteristiche del personaggio), grazie ad una voce piena e robusta, ad una mimica coinvolgente e ad una sempre cangiante, mobilissima presenza scenica. Meno interessante, per contro, il Monostato di Marcello Nardis, caricaturale e poco insinuante, mentre del tutto riusciti gli altri ruoli, dalla realistica, gustosa Papagena di Anna Battaglia-Vedovato (molto piacevole il duetto Pa, pa, Papagena, pa, pa, Papageno, nel finale del secondo atto), al solenne Oratore di Alessandro Ravasio, ai due severi armigeri di Nie Ling e di Federico Abbiati. Una nota di merito, infine, ai tre fanciulli (Khloe Kurti, Lorenzo Pigozzo e Giovanni Maria Zanini), capaci di muoversi con apprezzabile naturalezza sulla scena e di intonare in modo adeguato i loro interventi. Efficaci nel complesso gli interventi del coro, con particolare riguardo per il fervido O Isis und Osiris!, del secondo atto. Nonostante una certa freddezza iniziale, il pubblico ha poi accolto con il dovuto entusiasmo tutti gli interpreti.
Claudio Bolzan