Musiche di Fauré, Shostakovich, Dvořák; violino Irene Abrigo viola Jürg Dähler violoncello Patrick Demenga pianoforte Hiroko Sakagami
Lucignano (Arezzo), Chiesa di San Francesco, 28 settembre 2024
A fare da cornice, nel cuore della Valdichiana, alla quarta edizione del Lucignano Music Festival è un borgo duecentesco della provincia di Arezzo, celebre per la sua oreficeria, documentata da un raro albero della vita, e tra i borghi medioevali meglio conservati. A dargli vita è una giovane violinista, la torinese Irene Abrigo, di solida formazione e con alle spalle già una apprezzabile carriera concertistica che l’ha portata nel 2016 anche alla Carnegie Hall di New York (suona un Guadagnini del 1758). Con il prezioso sostegno di una amministrazione comunale illuminata, nei vicoli antichi ed in suggestivi luoghi storici della cittadina come la chiesa di San Francesco (che conserva uno straordinario affresco del Trionfo della morte raffigurata come una orrida vecchia su cavallo nero che minaccia col suo arco), solisti di vaglia internazionale come il violoncellista Demenga o il violista Dähler danno vita ad una rassegna di musica da camera. Quattro intense giornate in cui si spazia da Paganini e Schubert a Debussy o a Pierino il lupo di Prokofiev, ma anche Piazzolla e la Saariaho, affidati ad un quartetto con pianoforte capitanato a meraviglia dalla stessa Abrigo. Una curiosità il progetto, già sperimentato in Svizzera, della Mystery Room per Paganini, un gioco guidato interattivo “escape room”, una caccia al tesoro a testimoniare la volontà di diffondere la musica anche tra le giovani generazioni, per non parlare dei progetti legati al sociale (con prove aperte e anche nella casa di riposo per anziani). I bambini si trovano a maneggiare violini e manoscritti alla ricerca della soluzione musicale dell’enigma paganiniano (e tutto finisce in Capricci dal vivo).
Breve ma intenso, dunque, il cartellone, che nella serata finale, conclusasi con una cena rustica improntata alla tradizionale cucina toscana, ha chiuso in bellezza la rassegna affrontando pagine significative del grande repertorio cameristico. Un programma intenso e a tratti incandescente, certo assai impegnativo che si schiude con un Fauré (Quartetto in do minore op. 15 del 1923) appassionato, irrorato di melodie, ma anche capace di picchi di pathos drammatico, brio e climi metafisici sino alla catarsi finale.
Dal tardo romanticismo francese si salta poi a un diciassettenne Shostakovich (il monolitico Trio n. 1, ancora in do minore) dall’originale tema cromatico e dalla scrittura nervosa e inquieta, a tratti assorta, di un giovane che va tastando il suo talento in via di affermazione. I quattro virtuosi concludono poi la serata con il Quartetto op. 8 in mi bemolle di Dvořák, in cui il discorso tra gli interlocutori si fa intenso e partecipe grazie ai suoi temi fluidi articolati tra i vari strumenti. La coerenza nell’elaborazione tematica si sposa con la varietà degli sviluppi. Una galleria di molteplici umori (anche sfumati ritmi di danze) sino alla finale esplosione, a suggello di una esecuzione magistrale di quattro eccellenti virtuosi. Un festival ancora giovane, intelligentemente in controtendenza ed un borgo incantato, orgoglioso della sua storia e delle sue tradizioni, che ha tutte le carte in regola per crescere e in fretta. Prosit!
Lorenzo Tozzi