Contrappunti lunari (dialoghi semiseri sulla musica contemporanea) musiche di Schönberg, Stockhausen, Cage, Galante, Daugherty. Voce Sonia Bergamasco pianoforte Emanuele Arciuli
Trieste, Teatro Miela, Associazione Chamber Music, 31 maggio 2021
Hanno ragione Rattalino e Sol Gabetta: la formula del concerto classico va ripensata. Usciti, si spera, da questa penitenziale clausura, dalla quale qualcosa abbiamo comunque imparato, ci aspetta a teatro – oltre a regole comportamentali inevitabili – tutto un profluvio di déjà vu, di “il meglio di”, di offerte a far cassetta, di repertorio garantito, di usato sicuro. Ed è proprio questo il momento di rigenerare lo schema concertistico, cominciando magari dai festival e dalle istituzioni più agili. Il momento di iniettare qualcosa di nuovo, proponendolo anche al pubblico più tradizionale ed abitudinario. Come fa al momento giusto Fedra Florit nella rassegna “Contrappunti” della associazione Chamber Music, la più sollecita a Trieste nel riattivarsi e nel far tornare il pubblico a teatro. Lo fa con la complicità puntuale di un’attrice musicale e musicista come Sonia Bergamasco e con la curiosità culturale del pianista Emanuele Arciuli. L’inconsueto Duo ha confezionato il programma su misura per la rassegna della Chamber: Contrappunti lunari, dove il tema (trattandosi di un “dialogo semiserio”) alla luna di Pierrot allude ma non vi alluna. È solo lo scenario di una riflessione a due voci sulla musica pianistica contemporanea. Una contemporaneità che ha l’anomalia di durare da più di un secolo. Ma così è se vi pare come dimostrano nel loro dialogo apparentemente informale i due artisti. Dialogo che ha il pregio di sembrare divagante e all’impronta ed è invece un modo originale per coinvolgere lungo un itinerario insolito ma esemplare un pubblico abituato appunto al taglio del “concerto” di repertorio. Da Schönberg si parte comunque, ma da quello aforistico più che lunaire dei Sechs kleine Klavierstücke op. 19 (1911) passando per quella sorta di pre-minimalismo individuato sottotraccia in tutte le pagine delle avanguardie storiche in programma: dalla ripetitiva celebre durezza d’attacco del Klavierstück IX di Stockhausen (1955) al flusso a spirale di In a Landscape (1948) di Cage, per chiudere con l’estro ritmico spettacolare di Monk in the Kitchen di Michael Daugherty: pagine presentate con acutezza di osservazione in un florilegio di testi scelti dall’attrice.
Al centro del programma un breve melologo, genere che la Bergamasco coltiva da tempo con gusto e intelligenza): “Chiari di lupo”. Espressamente scritto da Carlo Galante per il duo Arciuli-Bergamasco, questo mobilissimo “compendio pratico di licantropia” è calibrato sia per mettere in luce l’elemento lunare (ovviamente in chiave ironica) sia per mettere a fuoco il valore degli interpreti. Tecniche e dinamiche della affabulazione sulla musica Sonia Bergamasco le usa con grande bravura (nel corso della serata sfoggia pure un momento di cathyberberiana versatilità) coniugandole a quella naturale eleganza, familiare al suo pubblico più vasto della TV. Straordinari il magnetismo sonoro ed il senso strutturale di cui è intriso il pianismo di Emanuele Arciuli: dai “dileguo” nel brano di Stockhausen alla solitudine che si avvita nello spazio-tempo di Cage, non a caso accompagnata sullo schermo dalle immagini fotografiche (Alberta Zallone) di cieli americani senza ombra di vita. Ottanta minuti sull’altra faccia della luna che il pubblico ha accolto con grande entusiasmo di consensi.
Gianni Gori