SCHUBERT Sonata in LA maggiore D 664 DEBUSSY Suite Bergamasque BEETHOVEN Sonata in do minore op. 111 pianoforte Maria João Pires
Genova, Teatro Carlo Felice, 5 giugno 2023
Lunedì 5 giugno presso il Teatro Carlo Felice a Genova per la stagione 2022/2023 della GOG si è esibita la pianista Maria João Pires, recuperando un concerto annullato previsto lo scorso febbraio. Con un’artista come la Pires non è facile impostare un articolo che possa far percepire al lettore le sensazioni e l’atmosfera che esecuzioni come questa trasmettono. Perché proprio di questo si tratta: con artisti di questo livello l’aspettativa negli eventi vissuti come in questa magica serata al Carlo Felice non nasce dalla banale domanda su quale sarà il programma o come sarà eseguito, ma in che modo ci emozioneremo e ci stupiremo, nella consapevolezza di uscire dal teatro al termine del concerto sorridenti ed appagati come avviene solo quando si ha il privilegio di aver vissuto una serata indimenticabile. Chi scrive difficilmente si lascia andare a slanci retorici che rischiano di apparire eccessivi. Siamo però sicuri che chi è stato presente alla serata condividerà questa sorta di introduzione. Cercheremo quindi di trovare aggettivazioni adatte per descrivere quanto è stato eseguito e soprattutto cosa abbiamo ascoltato per condividere con chi non era presente le nostre emozioni.
Primo brano in programma la splendida Sonata in la maggiore D 664 di Franz Schubert, un autore che è destinato a rimanere un oggetto misterioso e quasi imprevisto nella storia della musica occidentale, un autore di una genialità forse non ancora del tutto percepita nella sua immensità e che con esecuzioni come quella proposta da Maria João Pires lascia senza parole l’ascoltatore. Una pagina conosciuta, certamente, presente nel repertorio dei più celebri interpreti, ma la freschezza e scorrevolezza del tema che subito compare nel primo movimento, a tratti velato di inquietudine e malinconia, così come lo straordinario e dolcissimo secondo movimento ma anche il turbinoso ultimo movimento, quasi mozartiano nella sua travolgente luminosità, nell’esecuzione di Maria João Piresrealizzano forse quello che Schubert, ma anche ogni compositore, desidera: trasformare l’occasione di ascolto da una passiva ricezione di suoni in un reale e profondo coinvolgimento emotivo. “Partecipare” ad un concerto in questo modo è molto diverso dalla semplice presenza in una platea. Non tutti gli interpreti creano questa magia e regalano questo privilegio.
La scelta del brano successivo non è stata a nostro parere casuale, ancorché cronologicamente distante da Schubert (sempre che si voglia considerare Schubert figlio del suo tempo): la Suite Bergamasque di Claude Debussy. Una successione di brani sotto certi punti di vista con pochi legami fra di loro se non per l’inconfondibile charme che il linguaggio armonico di Debussy infonde anche ad una banale ed in apparenza insignificante successione di suoni, geniale peculiarità posseduta anche da Schubert. Come previsto ma non per questo senza stupore la Pires ha evidenziato in maniera esemplare proprio questa caratteristica, utilizzando un controllo del suono che nell’ascolto dal vivo stupisce ancor più di quanto non accada ascoltando le registrazioni discografiche, raggiungendo nel celeberrimo Clair de Lune momenti di poesia e raffinatezza assoluti. Al termine della prima parte l’entusiasmo del pubblico che riempiva il Teatro era già evidente ma era anche percepibile l’attesa dell’inizio della seconda parte per poter ascoltare un monumento del repertorio pianistico: la Sonata op. 111 di Ludwig van Beethoven. Anche in questo caso ed in particolar modo prendendo in considerazione tale capolavoro, la descrizione non può essere una banale ed insufficiente, per lo spazio che meriterebbe, descrizione ed analisi della struttura. Questa Sonata va semplicemente amata, sia da chi ha avuto l’opportunità di studiarla ed eseguirla, avendo quindi la possibilità di esplorare con una specifica consapevolezza un universo a tratti misterioso ed inquietante ma sempre geniale e sorprendente, sia da chi può fare semplicemente quello che deve essere fatto: ascoltarla, lasciandosi coinvolgere ed inebriare da una serie di emozioni che toccano l’anima. Ma per poter raggiungere tale coinvolgimento (e quindi “partecipare” all’esecuzione come si diceva in precedenza) è necessario l’interprete autentico, che non può essere una semplice interfaccia fra l’autore ed il fruitore dell’opera d’arte, ma un privilegiato che sia in grado di trasmettere e condividere con l’ascoltatore le proprie emozioni. Maria João Pires appartiene a questa ristretta cerchia di eletti ed il pubblico ha potuto con la sua esecuzione immergersi totalmente nelle dinamiche a volte angoscianti e disperate, a volte pensierose ma anche poetiche, della scrittura musicale beethoveniana, che forse mai come in questa sonata incarna perfettamente la definizione del linguaggio musicale data dal filosofo della musica Hanslick in pieno romanticismo: la musica non rappresenta i sentimenti dell’animo ma le sue dinamiche, e quindi la nostra vita, costellata continuamente da un’alternanza di positività e pessimismo, incertezza ed operosità, gioia e malinconia. Maria João Pires dopo una serata del genere non poteva però lasciare il pubblico con uno stato d’animo non sereno e pertanto, come un ultimo regalo, ha concesso un bis che potesse riallineare in maniera positiva l’energia delle menti degli ascoltatori: L’Adagio cantabile della sonata “Patetica” di Beethoven. I sorrisi sui volti del pubblico all’uscita del Teatro hanno dimostrato la realizzazione di questo desiderio.
Piero Barbareschi
Foto: Silvia Aresca