MESSIAEN Quatuor pour la fin du temps violino Gabriele Pieranunzi clarinetto Gabriele Mirabassi violoncello Silvia Chiesa pianoforte Maurizio Baglini voce narrante Guido Barbieri
Napoli, Teatro San Carlo, 27 gennaio 2022
Con il concerto “Il tempo della fine – Quattro vite nell’apocalisse di Görlitz”, il Teatro San Carlo celebra la Giornata della Memoria presentando una delle partiture simbolo del Novecento. Il Quatuor pour la fin du Temps fu composto quando Olivier Messiaen era prigioniero nel campo di concentramento tedesco di Görlitz, e fu poi eseguito dallo stesso Messiaen insieme ad altri tre reclusi il 15 gennaio 1941 davanti a quattrocento prigionieri in una gelida baracca dello stesso lager e con strumenti di fortuna. Il Quatuor è una delle vette musicali del XX secolo, una composizione che definire “da camera” è dolorosamente fuori luogo, viste le condizioni terribili in cui fu scritta e suonata.
L’ensemble esibitosi al San Carlo era composto da Gabriele Pieranunzi (violino), Gabriele Mirabassi (clarinetto), Silvia Chiesa (violoncello) Maurizio Baglini (pianoforte): il brano si compone di otto movimenti, i quali, come ha spiegato il musicologo Guido Barbieri intervenendo alla fine di ogni sezione, corrispondono ai sette giorni della Creazione, più un ottavo, in cui il ciclo ricomincia, suggerendo che l’eternità si compone di una ripetizione all’infinito delle giornate descritte nella Genesi.
Barbieri ha raccontato le vicende dei quattro musicisti che furono i primi esecutori del Quatuor: oltre a Messiaen al pianoforte, si trattava del violinista Jean Le Boulaire, del violoncellista Etienne Pasquier e dell clarinettista Henri Akoka.
Il primo movimento, “Liturgie de cristal”, fu descritto dallo stesso Messiaen come “il silenzio armonioso del cielo”. In questo silenzio, il clarinetto di Gabriele Mirabassi e il violino di Gabriele Pieranunzi si trasformano in uccelli per rendere percepibile attraverso i suoni il mistero della creazione. Nel secondo movimento, “Vocalise, pour l’Ange qui annonce la fin du Temps”, violino e violoncello regalano un suggestivo duetto, tessendo tenui fili sonori che si dipanano sugli accordi del pianoforte. Mai reso protagonista da Messiaen, il pianoforte è tuttavia il sicuro garante di tempi e timbri del Quatuor, e Maurizio Baglini, con il suo stile discreto ma sicuro, non perde mai il contatto con i partner, li accompagna e li sostiene con sapienza lungo tutto il concerto, fino alla conclusione.
Il quartetto offre diverse opportunità ai solisti. Il terzo movimento “Abîme des oiseaux”, ad esempio, è per clarinetto solista: qui l’interpretazione di Gabriele Mirabassi è stata superba. Straordinaria è la sua capacità di immergersi in modo totale nel flusso musicale, di diventare tutt’uno con lo strumento e produrre un suono che sembra nascere dal nulla e poi si espande all’infinito.
Dopo l’“Intermède”, un breve Trio per clarinetto, violino e violoncello, è Silvia Chiesa che diventa protagonista assoluta nella “Louange à l’Éternité de Jésus”. Fin dalle prime note, rispettando l’indicazione “infinitamente lento” segnata dal compositore, Chiesa intona una lunghissima linea melodica disegnando un’ascesa appena percettibile fino al punto culminante, che diventa il clou di tutta la composizione, con una intensa, lineare, commovente cantabilità.
Dopo la “Danse de la fureur pour les sept trompettes”, eseguita con ispirata partecipazione dai quattro musicisti, l’ultimo movimento è “Louange à l’immortalité de Jésus”, una sorta di postludio in cui il pianoforte accompagna il violino nella sua lunga linea melodica, che sale dal registro medio a quello sovracuto, a rappresentare “l’ascesa dell’uomo verso Dio”. Protagonista della parte finale è stato Pieranunzi, con la sua grande sapienza tecnica e interpretativa e con una vena lirica pienamente in sintonia con la partitura.
La profonda religiosità del Quatuor ha guidato il pubblico del San Carlo se non “verso il Paradiso”, come voleva Messiaen, fervente cattolico, certamente verso una dimensione di grande spiritualità, grazie ai bravissimi interpreti che ci hanno rivelato la “visione dell’eternità” del compositore francese.
Lorenzo Fiorito