Ancora una volta il Milano hi-fidelity è stato organizzato in maniera esemplare da “Sound Of The Valve”, giungendo così alla 25ª edizione e confermandosi, con oltre 70 espositori, la principale rassegna italiana di hi-fi.
Abbiamo trascorso quasi tutta la giornata di sabato 6 ottobre aggirandoci tra gli stand e le salette allestite nei tre piani del Melià Hotel, dove abbiamo potuto tastare il polso della situazione per quanto riguarda la salute del mondo della riproduzione musicale domestica.
Naturalmente non solo si potevano osservare e, nella maggior parte dei casi, ascoltare apparecchiature, ma molti erano gli stand dedicati al software ed all’editoria.
A tal proposito, mi preme sottolineare come il vinile la facesse da padrone, non solo presso gli stand dei rivenditori di dischi (nuovi ed usati), ma anche presso una larga fetta di espositori di hardware che utilizzavano in moltissimi frangenti il vetusto ma mai domo giradischi, sia nelle sue declinazioni più moderne, come ad esempio i nuovi Technics, sia con modelli un po’ più “vintage”; in ogni caso il suono era sempre di grande qualità.
Purtroppo il tempo abbastanza limitato non ci ha concesso di soffermarci in tutte le salette per tempi adeguati, tuttavia alcune sensazioni chiare le abbiamo avute e qualche conclusione, per quanto non certo definitiva e passibile di smentita da parte di chi ha avuto più tempo a disposizione, possiamo cercare di trarla.
Cominciamo con una riflessione sull’affluenza di pubblico notando come, a fronte di un numero tutto sommato abbastanza consistente, l’età media non fosse particolarmente incoraggiante per il futuro, stante un’evidente esiguità di “nuove leve”. Tanto che ci siamo chiesti, fra il serio ed il faceto, quale potrà essere il destino della riproduzione musicale di qualità quando la nostra generazione non ci sarà più…
Ci è parso che la qualità media del suono dei vari impianti proposti fosse sufficientemente elevata, con alcune punte di eccellenza e senza catene (almeno tra quelle che abbiamo ascoltato, ché qualcuna, per forza di cose ci è sfuggita) che suonassero veramente male, pur in una diffusa penalizzazione dovuta alle caratteristiche a volte veramente infelici delle stanze.
La seconda annotazione, certamente meno positiva, riguarda la tendenza diffusa di tutti gli espositori a far suonare i propri impianti con dischi “speciali” particolarmente spettacolari ma dai programmi musicali quanto meno discutibili (per esempio abbiamo potuto ascoltare pochissima classica…). Inoltre pressoché tutti tenevano dei livelli di volume ai limiti del fastidioso (a volte anche oltre…), inficiando pesantemente le possibilità di giudizi sereni da parte degli ascoltatori. Se ciò, è comprensibile, era dettato dalla necessità di coprire suoni e rumori provenienti dall’esterno, tuttavia non aiutava certo gli appassionati a farsi un’idea coerente delle potenzialità delle apparecchiature in funzione.
In conclusione, possiamo affermare che, seppure con qualche “atavica” pecca non facilmente risolvibile, ancora una volta gli appassionati italiani hanno potuto apprezzare una rassegna dedicata al mondo dell’hi-fi sicuramente piacevole ed abbastanza esaustiva su quanto di meglio il mercato nostrano sia in grado di offrire.
Luciano Clemeno
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