Danilo Faravelli, Al ballo, se vi piace. Cercando Mozart fra i suoi minuetti, Zecchini Editore, Varese, 2020, pp. 328, 27,00 euro
Ci sono tante strade per “raccontare” Mozart, molte delle quali ormai abbondantemente esperite. Alla sterminata bibliografia mozartiana si aggiunge ora un inaspettato volume di Danilo Faravelli, specialista del tardo Settecento europeo, che sceglie un cammino davvero singolare e originale: il rapporto di Mozart con il minuetto, documentato per ben 53 volte nel suo catalogo. Si tratta di lavori di diverso spessore come brevi pagine autonome o inserite in partiture di più ampio respiro. Una scelta non marginale, stando a quanto importante fu il minuetto tra Sei e Settecento. Danza nobile per eccellenza, rito di corteggiamento e di contegno cortese, il minuetto segna infatti l’epoca che va dal Re Sole alla Rivoluzione francese. Rigorosamente in ritmo ternario, nato forse nelle campagne del Poitou ma approdato a Parigi grazie a Lully, il minuetto sembra mutuare il nome da pas menu (piccolo passo). Si danzava in coppia aperta e consisteva in una iniziale riverenza ed in una sequela di passi eseguiti con leggerezza formando sul terreno un Otto, una Esse maiuscola o infine una Zeta. Una prassi non facile, tale da intimorire lo stesso Rousseau, che confessò di non essere mai riuscito ad impararlo. Considerato “la porta della danza”, il minuetto entra di diritto nella suite strumentale, ma anche in quartetti, sonate, sinfonie (ad opera di Haydn che ne ha composti circa 400) e nel teatro musicale da Rameau a Gluck. Nel carnevale del 1754 Casanova lo vide ballare persino dalle suore del convento di Murano.
All’epoca in cui Mozart se ne occupa il minuetto è già entrato nella fase calante, destinato ad essere soppiantato dal valzer e dalla collettiva contraddanza. (Gennaro Magri, nel suo Trattato del 1779, gli dedica un solo capitolo contro i nove dedicati alle contraddanze). Di tutta la trentennale galleria di minuetti mozartiani, da quello composto a Salisburgo a soli 5 anni sino alla Clemenza di Tito (1791), Faravelli compie un’analisi accurata e approfondita che rivela dettagli inesplorati. Da opere occasionali e minori si passa a capolavori indiscussi come il Quintetto con clarinetto K 581, la Sinfonia K 551 (la Jupiter) e addirittura il Don Giovanni, con le tre sorprendenti danze sovrapposte del Finale I (minuetto, contraddanza e danza tedesca), ad esemplificare la stratificazione sociale (aristocrazia, borghesia, popolo) del secolo XVIII.
Lorenzo Tozzi