CASTIGLIONI Concertino per la notte di Natale GLASS Company MADERNA Serenata 2 MONTALBETTI Corpo in controcanto BOCCADORO Come polvere o vento PÄRT Da pacem Domine REICH Runner Orchestra del Teatro alla Scala, direttore Carlo Boccadoro
Milano, Teatro alla Scala, 15 gennaio 2021
Musica sempre diversa. Questo il titolo del concerto della nuova stagione sinfonica della Scala ideato e diretto da Carlo Boccadoro, un protagonista della musica contemporanea in Italia nella duplice, rara, veste di compositore e direttore. In effetti, a scorrere il programma è la diversità a connotarne il tratto stilistico trattandosi di pagine ciascuna con la sua peculiarità linguistica nell’ambito di quella “diaspora” delle modalità compositive che una storia della musica della seconda metà del Novecento definirebbe postmoderna, dove per moderna si intenderebbe la musica compresa tra il 1945 e l’inizio degli Ottanta. È a partire da questi anni che i compositori si liberano dalla forche caudine della scelta tra la serialità da una parte e il neoclassicismo dall’altra, tra Webern e Stravinskij: ognuno di loro si costruisce invece il proprio percorso attingendo da fonti musicali diverse (frammenti di musica colta di epoche diverse, pop, jazz, rock, musica popolare più o meno genuina etc.), nessuno si sente vincolato a pronunciamenti estetici, tutti si sentono liberi di abbandonare il percorso iniziale per imboccarne altri, anche in contraddizione con quello precedente e non di rado nell’ambito della stessa composizione dove non conta più una struttura ben definita ma la ricerca di sonorità sempre diverse, favorita dalla possibilità di “manipolare” il suono naturale con apparecchiature informatiche che hanno preso il posto di quelle elettroniche impiegate negli anni Cinquanta-Sessanta. Come ha detto una volta Luciano Berio, «per secoli si è composta musica con i suoni, oggi si compongono i suoni».
Queste considerazioni credo si impongano se si vuole cogliere appieno l’importanza, e la riuscita, del concerto di Boccadoro, breve viaggio all’interno del variegato mondo della musica degli ultimi decenni del secolo scorso (Castiglioni, Maderna, Glass) e dei primi del XXI (Montalbetti, Boccadoro, Pärt, Reich). Di ogni brano lo stesso Boccadoro ha curato le note di programma, brevi e chiare come le sue presentazioni in video. Come buona parte di questa letteratura musicale, i brani sono di breve durata (alla pratica dello “sviluppo” di un’idea, di un tema, propria di secoli di musica si è sostituita quella di combinazione sempre diversa di effetti sonori), impiegano organici cameristici, richiedono esecutori di comprovata abilità, in grado di suonare, bene, allo “scoperto” passaggi anche brevi ma quasi sempre ardui. L’ensemble scaligero si è rivelato all’altezza del compito.
I primi due lavori rientrano in quella che potremmo definire musica moderna con i loro riferimenti più o meno palesi ad alcuni tratti distintivi di una certa tradizione italiana. Il Concertino per la notte di Natale di Niccolò Castiglioni (1952) rimanda nel titolo a Corelli, nella tripartizione al concerto barocco e ha nel movimento centrale un bell’assolo di flauto che ricorda il gusto solistico proprio di Vivaldi all’interno di un concerto. Ma la scrittura trasparente e certe arditezze tonali evitano che possa considerarsi un brano neoclassico.
Il nome di Philip Glass è associato al minimalismo americano 1960-1970, il secondo, importante, contributo USA alla musica occidentale dopo l’alea di John Cage & Friends. Pare sia stato il compositore inglese Michael Nyman ad applicare anche alla musica un termine riferito negli anni Trenta alla pittura, a significare un linguaggio pittorico di grande semplicità, che in musica si traduceva in continue micro trasformazioni di una formula melodico-ritmica inserita in un contesto armonico più complesso di quanto non risulti all’ascolto. Company è la musica per quartetto d’archi, qui ampliato in un ensemble d’archi, composta da Glass nel 1982 per la messinscena del romanzo omonimo di Samuel Beckett (1979) dal lessico ridotto al minimo del monologo di un uomo che riflette sul senso della vita.
Con Serenata n. 2 (1956), una delle molte serenate di Bruno Maderna, si entra in contatto con una delle figure più originali ed eclettiche della musica italiana ed europea del secondo Novecento. Pur frequentando e praticando un paio di volte il serialismo integrale di quegli anni, qui impiegato dall’ottavino in apertura, Maderna si diverte a manipolarlo con grande fantasia attraverso momenti di concentrazione o dispersione del tessuto sonoro, sino alla nota finale evanescente del violino. Un finale si direbbe alla Mahler (Das Lied von der Erde), del quale con Claudio Abbado è stato il primo grande interprete italiano.
Mauro Montalbetti è il più giovane dei compositori in programma (1969). Eseguito per la prima volta nel 2011 sotto la direzione di Boccadoro, Corpo in controcanto ha la forma di un concerto grosso barocco con tutti e soli di un’orchestra d’archi che disegnano atmosfere sonore ora contemplative ora mosse. L’uniformità timbrica è controbilanciata da una scrittura molto chiara tendente al drammatico, in linea con i versi di una poesia di Flaviano Pisanelli dedicati «alla memoria di una persona scomparsa».
Anche il brano di Carlo Boccadoro Come polvere o vento (2010) rimanda alla poesia, di Alda Merini in questo caso. E anche qui c’è un gioco di atmosfere, ora sospese ora violente, che se non sono la “descrizione” in musica di un verso della poetessa, come puntualizza lo stesso compositore-direttore (quasi fosse una diminutio), ne interpretano il carattere generale. La forma è simmetrica, con una parte centrale B, «un tornado musicale», chiusa da due sezioni (AA) più rarefatte.
Il compositore estone Arvo Pärt gode di grande fama. Da pacem Domine, composto in memoria delle vittime degli attentati di Madrid (2004), si può ascrivere al minimalismo americano che però all’inizio del XXI secolo era già storia. Tutto il brano si regge sulla «alternanza di intervalli tra registro medioacuto e grave» (Boccadoro), ispirata a una spiritualità di maniera che nemmeno la buona esecuzione scaligera riscatta dalla monotonia.
A chiusura del concerto una prima italiana assoluta: Runner (2014) di Steve Reich, uno dei protagonisti della stagione minimalista con Glass, Terry Riley e La Monte Young. Nato come musica per un balletto della Royal Opera House, la pagina è un esempio di come la musica contemporanea americana (e di riflesso europea) sia ormai lontanissima dal minimalismo storico ed abbia imboccato (per ora) la strada di un assemblaggio di parametri compositivi diversi: mobilità ritmica, suggestioni di antichissima matrice contrappuntistica per altro non nuove in Reich, frammenti melodici, contrapposizione di mini ensemble strumentali. All’ascolto il risultato è un caleidoscopio di sonorità in continuo movimento.
Ettore Napoli