DONIZETTI Lucia di Lammermoor N. Sierra, P. Pati, G. Viviani, D. Russo, T. Langella, D. Lettieri C. Bosi; Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo, direttore Carlo Montanaro regia Gianni Amelio ripresa da Michele Mangini Sorrentino scene Nicola Rubertelli costumi Maurizio Millenotti
Napoli, Teatro San Carlo, 18 gennaio 2022
Il San Carlo ripropone come seconda opera della stagione 2021/22 una Lucia di Lammermoor prodotta nel 2012 per la regia di Gianni Amelio, già ripresa da Michele Sorrentino Mangini nel 2017: senza dubbio, attingere al repertorio più popolare e con una messinscena collaudata, può aiutare a garantire un’accoglienza favorevole a prescindere. E poi, Lucia è di casa a Napoli, dove debuttò il 26 settembre 1835, quando Donizetti ricopriva l’incarico di direttore musicale dei Teatri Reali della città. Fu accolta come un capolavoro fin dalla prima recita, e da allora è uno degli archetipi del melodramma romantico, con una protagonista diventata un’icona delle donne fragili ed insicure, destinate alla follia e alla morte.
Questo di Amelio-Mangini è un allestimento pienamente aderente al libretto, ambientato nella Scozia del XVI secolo. Le scene, belle anche se cupe, di Nicola Rubertelli e gli splendidi costumi di Maurizio Millenotti restituiscono perfettamente l’atmosfera neogotica della storia, tratta da un romanzo di Walter Scott. Questa drammatizzazione tradizionale contribuisce a rinfrancare il pubblico, dopo le bizzarrie di molti allestimenti moderni; la performance è stata infatti acclamata entusiasticamente, anche al di là dei suoi meriti, che comunque ci sono.
Nadine Sierra era chiamata ad assumere il difficile ruolo di Lucia: il soprano americano interpreta il personaggio con grazia e nitidezza, facendo assegnamento sulla sua attitudine belcantistica; in verità, il volume non è cospicuo, ma la sua linea di canto è chiara e basata su una tecnica sicura. La Sierra ha molte delle qualità di un soprano lirico di coloratura, con una tessitura estesa, uno staccato aggraziato ed agili salti e trilli. Da “Regnava nel silenzio”, in cui canta con pathos ma ancora trattenuta, la sua interpretazione drammatica cresce progressivamente fino alla scena della follia, dove è accompagnata dall’armonica a bicchieri originariamente prevista dal compositore, suonata da Sascha Reckert. Qui, complici i tempi eccessivamente lenti imposti dal direttore, corre il rischio di esagerare troppo l’uso in funzione drammatica delle ornamentazioni vocali, ma sa comunque rendere le diverse sfumature di sensibilità e dolore che rendono Lucia un personaggio così complesso e affascinante. A ciò contribuisce anche la trovata del regista di vestire la donna di nero all’uscita dal talamo nuziale, dopo aver ucciso Arturo.
Il tenore samoano Pene Pati è Edgardo, personaggio dai sentimenti ambivalenti: amante appassionato e rivale furibondo. Pati mette molto impetuoso zelo nella sua interpretazione, ma dispone di un timbro tenorile nitido e nel complesso conferisce al suo personaggio dei tratti di sincera emozione.
Dario Russo nei panni di Raimondo mostra un suono non molto profondo; tuttavia, possiede tutte le note acute e gravi richieste a un basso che si rispetti. Carlo Bosi interpreta il ruolo di Normanno; il mezzosoprano Tonia Langella è Alisa, la confidente di Lucia, mentre Daniele Lettieri nei panni di Arturo, è accettabile anche se incappa in uno spiacevole incidente vocale, forse dovuto alla tensione del debutto.
Più di qualche perplessità suscita la direzione di Carlo Montanaro, che mostra un eccesso di veemenza, non controllata da una salda visione d’insieme. Ciò comporta una mancanza di coesione e scarso equilibrio tra le sezioni dell’orchestra e tra i diversi momenti della partitura, il tutto a scapito degli accenti e della giusta dinamica. Sotto la sua direzione, l’ensemble produce un suono “fracassone” in diversi momenti, con volumi tanto alti degli ottoni che le voci dei cantanti erano spesso coperte. Il coro preparato da José Luis Basso dà, ancora una volta, buona prova di sé.
Lorenzo Fiorito