Fra pochi giorni Raffaella Lupinacci sarà in scena alla Royal Opera House di Muscat per la prima produzione fatta “in casa” da parte di quel teatro: la rara Lakmé di Delibes. Calabrese, ma residente a Bologna, il mezzosoprano ha sinora caratterizzato il suo percorso professionale nel segno di Rossini e del Belcanto, sotto la guida di un vero nume tutelare, Alberto Zedda. E di lui e di tante altre cose parliamo in questa intervista.
Partiamo dall’attualità, ossia il debutto all’opera di Muscat in un’opera oggi piuttosto rara come Lakmé. Come si stanno svolgendo le prove, quale l’impressione avuta dall’incontro con un Paese come l’Oman?
La Royal Opera House di Muscat è indubbiamente uno dei teatri più affascinanti che io abbia mai visto. Il fatto di essere qui per la prima volta e per un’opera così speciale ed “esotica” come Lakmé rende, ai miei occhi, il tutto ancora più suggestivo.
È interessante osservare, all’interno del teatro, come culture per tanti aspetti così lontane, si fondano dando vita a un fantastico lavoro di équipe che emerge ancora di più in questa produzione, in quanto è la prima interamente realizzata in loco. In questi luoghi non si può che crescere artisticamente e umanamente. Si impara a convivere e a rispettare il prossimo e ci si ingentilisce.
Il ruolo di Mallika non è grandissimo, ma è destinatario di uno dei due brani più celebri, il duetto con la protagonista: che tipo di scrittura vocale comporta questa musica? Si lega in qualche modo alla sua formazione rossiniana?
Il ruolo di Mallika è indubbiamente un ruolo prezioso per delicatezza musicale e freschezza del personaggio. Queste caratteristiche vengono messe molto in risalto in questa produzione sia dal regista Davide Livermore che dal Maestro Jordi Bernàcer. Trovo molto interessante la differenza di approccio rispetto al repertorio rossiniano. Certamente cantare Rossini rende molto più semplice affrontare alcuni passaggi con leggerezza e fluidità e sicuramente l’eleganza dell’emissione del repertorio rossiniano non può mancare in questo repertorio, ma in questo ruolo, come in gran parte dei ruoli del repertorio francese, è richiesta una continua ricerca di morbidezza, rotondità e squillo del suono. Tutto contemporaneamente, impegnativo ma di grande soddisfazione!
Torniamo indietro: una volta deciso di “fare la cantante”, è stato difficile individuare il tipo di vocalità di elezione? Chi l’ha aiutata in questo percorso?
La mia è una vocalità piuttosto particolare e nella fase iniziale di studio ha creato non pochi dubbi. Ho avuto sempre una voce piuttosto facile, ma questa stessa facilità spesso ha tratto in inganno creando dubbi sulla direzione del repertorio. Solo con lo studio, con la guida giusta e tanta, tantissima, pazienza e costanza da parte mia ho trovato la strada giusta. Sicuramente la svolta è stata segnata dal mio incontro con il mio attuale Maestro di tecnica vocale, Fernando Cordeiro Opa, un grande punto di riferimento e una figura molto presente in questo mio percorso artistico
Come definirebbe la sua voce, quale il repertorio ideale?
Io mi definisco un mezzosoprano belcantista. L’estensione piuttosto acuta mi permette di affrontare spesso ruoli ibridi come Donna Elvira in Don Giovanni. Nel repertorio di Mozart, Rossini, Donizetti, Bellini e in buona parte di quello francese la mia voce trova ruoli spettacolari: alcuni li ho già cantati, altri stanno arrivando o arriveranno nel prossimo futuro.
Cosa ha imparato da Mirella Freni? E cosa, invece, da Alberto Zedda?
Con la signora Freni ho lavorato solo il tempo di una masterclass, troppo poco per vantare un influsso decisivo. Però l’esperienza è stata buona, un mito come Mirella Freni dà sempre, anche in termini di consapevolezza e di rinnovato amore per questa carriera. Dal Maestro Zedda ho ricevuto le lezioni più alte: la conoscenza approfondita dello stile rossiniano innanzitutto, quella del buon gusto musicale più in generale. Il Maestro mi ha insegnato a cercare il senso in ogni nota, in ogni cadenza e ovviamente in ogni parola. Mi ha trasmesso il piacere di fare musica. Un uomo di grande cultura e grande passione. Mi manca molto.
Quali sono stati i momenti decisivi, finora, della sua carriera?
Di recente, il Romeo “en travesti” nel Giulietta e Romeo di Vaccaj che ha inaugurato il Festival della Valle d’Itria del 2018: un ruolo affascinante di un’opera che è stata salutata come una “rivelazione” dalla stampa internazionale e accolta con molto favore dal pubblico. Poi, un po’ tutto quello che ho cantato al Rossini Opera Festival, perché mi ha dato un’identità rossiniana ben marcata all’inizio della carriera. Da lì ho iniziato un percorso che credo di avere sviluppato e ampliato con una certa intelligenza.
Quanto conta l’aspetto fisico nel teatro d’opera odierno?
Piaccia o no, conta più che nel passato. La comunicazione più diffusa, i social che amplificano tutto, l’opera al cinema, hanno segnato questo cambiamento. Però poi in teatro non puoi ingannare, se canti male e sei bellissima nessuno ti fa sconti, se canti bene e non sei il massimo dell’avvenenza nessuno farà notare un difetto così poco importante per la grandezza di un’artista ma tutti si concentreranno sulla tua voce! È giusto così, prendiamo con leggerezza l’influsso della società dell’immagine anche nel mondo del teatro lirico.
Quali le sfide maggiori per un cantante che oggi si trovi agli inizi di carriera?
Non lasciarsi sopraffare dalla fretta di “arrivare”, essere ambiziosi, sì, ma studiare e assecondare lo sviluppo tecnico e fisiologico. Scegliere una guida giusta che faccia da supporto tecnico e talvolta psicologico!
Quali sono i suoi modelli artistici (non per forza un cantante!)?
E invece mi vengono in mente subito i cantanti, soprattutto i mezzosoprani come Lucia Valentini Terrani, Marilyn Horne, Anna Caterina Antonacci. Grandi cantanti dalla carriera intelligente. Amo l’arte in generale, quella contemporanea sulle altre. Così, con il forte segno degli artisti d’oggi, anche di quelli della Street Art: compenso il mio cantare soprattutto ruoli del Sette e Ottocento!
Quali impegni l’attendono, dopo questa Lakmé?
Non posso anticipare troppo, perché non tutti i teatri hanno annunciato le stagioni. Dunque Rosina del Barbiere, Nicklausse ne I racconti di Hoffmann, Elettra dell’Idomeneo, Giovanna Seymour in Anna Bolena, Sara in Roberto Devereux. Altri ruoli, molto desiderati, si stanno concretizzando proprio in questi giorni.
Nicola Cattò