AMADEUS LIVE Il film di Miloš Forman con musiche dal vivo. Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, direttore Ludwig Wicki
Parco della Musica, Sala Santa Cecilia 4 gennaio 2024
Non era facile immaginare che – ancora in tempo di vacanze natalizie – la complessa ed indubbiamente lunga serata che l’Accademia di Santa Cecilia ha dedicato al film Amadeus e all’esecuzione dal vivo della pertinente colonna sonora, riempisse a tal punto platea e galleria della maggior sala del Parco della Musica. Tanto più che l’identico spettacolo s’era qui visto, pur fuori abbonamento, il 20 e il 21 giugno del 2018 ed anche allora con forse ancor maggiore concorso di pubblico (vedi qui la recensione).
Anche stavolta, come nel 2018 e forse ora con maggior convinzione, non abbiamo potuto non ripercorrere mentalmente il “caso Amadeus”. Che ben sappiamo prendere origine – quanto a invenzione drammatica – dal Mozart e Salieri di Aleksandr Puškin, da questi pubblicato fra le Piccole tragedie nel 1830; e nel 1898 messo in musica da Nikolaj Rimskij-Korsakov. Settant’anni dopo il drammaturgo inglese Peter Shaffer ne ricavava una pièce teatrale intitolata Amadeus e rappresentata il 2 novembre 1979 al Royal National Theatre di Londra con Paul Scofield nel ruolo di Salieri e Simon Callow in quello di Mozart, sotto la regia di Peter Hall. Nel 1980 il lavoro andava in scena a New York con Ian Mac Kellen, Tim Curry e Jane Seymour, vincendo subito il Tony Award. La prima italiana sarà il 12 gennaio 1982 al Teatro Argentina di Roma, per la regia di Giorgio Pressburger, con Aldo Reggiani (Mozart), Paolo Bonacelli (Salieri) e musiche tutte dal vivo: spettacolo che vedemmo non riportandone invero una grande impressione. Fece molto parlare di sé la prima francese di Amadeus, pochi giorni dopo, il 26 gennaio 1982, al Théâtre Marigny di Parigi, qui per la regia di Roman Polanski, che interpretava anche la parte di Mozart e François Périer in quella di Salieri. Sembra che sia stata la versione di Polanski ad ispirare Miloš Forman per una produzione cinematografica del testo di Shaffer. Forman aveva già al suo attivo film di enorme spicco come Qualcuno volò sul nido del cuculo (cinque Oscar), Hair e Ragtime. La produzione e le riprese di Amadeus furono imponenti: i luoghi scelti erano autenticamente mozartiani (Praga, Vienna etc.), i costumi sontuosi di Theodor Pištěk e le scenografie rococò di Patrizia von Brandenstein e Karel Cerny, erano spettacolari; le coreografie di Twyla Tharp stilisticamente impeccabili. Forman volle anche girare il film sfruttando o la luce naturale o quella delle candele, per ricreare le tonalità morbide e i chiaroscuri dell’epoca, sull’esempio di Stanley Kubrick in Barry Lyndon. Salito subito ai vertici delle produzioni degli anni Ottanta, su Amadeus piovvero a piena ragione otto Oscar, quattro Golden Globe, quattro BAFTA, tre David di Donatello e un César, a non dir d’altre dozzine di premi. Ed in effetti si tratta di un film stupendo, che alla peculiare e raffinata spettacolarità, unisce prove d’attore eccezionali (Frank. M. Abraham e Tom Hulce). E un ritmo narrativo mozzafiato, una ricchezza inesauribile di situazioni, una sinergia talora deflagratoria tra musica classica e immagini probabilmente superiore a qualsiasi altro film mai prodotto. Del resto sir Neville Marriner in persona, con la sua Academy of St. Martin in the Fields s’era dato carico delle scelte e delle esecuzioni della mastodontica soundtrack comprensiva di almeno trenta titoli mozartiani. Il film tuttavia, ben più della pièce teatrale, creò una sorta di leggenda nera attorno al rapporto Mozart-Salieri (come tempo dopo avvenne per Il codice da Vinci, romanzo di Dan Brown e film di Ron Howard, che presto passò come verità evangelica). Ricordiamo bene che – quando nel 1987 venimmo incaricati d’ organizzare al Teatro Regio di Parma un concerto per i trent’anni della firma dei Trattati di Roma, istituenti la Comunità Europea – ci toccò un’animata discussione con Vladimir Delman, irremovibile sul suo rifiuto di dirigere l’Ouverture dell’Europa riconosciuta di Salieri perché “lui assassino di Mozart, da e cattivo compositore, da!”. E nella memoria dell’immaginario collettivo una non breve serie di sciocchezze storiche inventate da Peter Shaffer, si sono sbiadite solo dopo più d’un decennio: precipua quella sostanziale d’una rivalità tra i due che mai ebbe luogo; quella d’una fisionomia sessualmente repressa (ebbe otto figli) e psicopatica del compositore di Legnago; quella d’un Mozart “sublime idiota” fornito dall’ ingiusto cielo d’un genio che all’altro ben più sarebbe spettato etc.
La proiezione che del film di Forman s’è data a Santa Cecilia, come la volta scorsa, ha mostrato qualità superiori. Che erano soprattutto nella direzione dello svizzero Ludwig Wicki: che da venticinque anni (con la sua “21st Century Symphony Orchestra” o con altre) è uno specialista di operazioni affini alla presente, ossia di esecuzione dal vivo della colonna sonora d’un film: e si ricordano in specie quelle relative a Il signore degli anelli. Qui per Amadeus non s’eseguiva “tutto” di quella colonna, una parte della quale (i cantanti, alcuni cori e scene d’opera più ampie, le performances di Mozart al cembalo) rimaneva “nello schermo”. Però la rispondenza o la perfetta sovrapposizione che Wicki è riuscito a stabilire tra i complessi orchestrali e corali ceciliani, le partiture mozartiane e i fotogrammi visivi e sonori del film, è stata esemplare e si è dipanata con una naturalezza e al tempo stesso una brillantezza e una nettezza di stile e di suono invero ragguardevoli. Peccato che la luce doverosamente tenuta sull’orchestra nuocesse appena un poco alla visione dello schermo.
La versione di Amadeus presentata a Santa Cecilia, infine, era quella ampliata di circa venti minuti dalla riapertura dei tagli (il Director’s Cut) operati in occasione della prima uscita della pellicola. Sono state così ripristinate alcune scene, tra cui la versione lunga del colloquio tra Costanze e Salieri; la lingua originale ha consentito inoltre di udire alcune battute che il doppiaggio aveva edulcorate, precipua quella sul disprezzo di Mozart per i musicisti italiani, falso storico se ve ne furono. La durata dello spettacolo ha così superato le tre ore, ciò che ha indotto non pochi spettatori a guadagnare l’uscita dopo il primo tempo…
Maurizio Modugno