BOCCADORO Tre danze (prima esecuzione assoluta) SKRJABIN Concerto in fa diesis min. op.20 per pianoforte e orchestra; Poema dell’estasi op. 54 BORODIN Principe Igor: Danze Polovesiane pianoforte Bertrand Chamayou Filarmonica della Scala, direttore Gianandrea Noseda,
Milano, Teatro alla Scala, 13 marzo 2022
La stagione 2022 verrà ricordata non solo per il quarantesimo di fondazione della Filarmonica scaligera, ma per la brillante capacità di ovviare in tempi brevissimi alle problematiche date dalle varie sostituzioni dell’ultimo minuto, senza danneggiare la qualità esecutiva del concerto in programma.
Evento occorso anche lunedì 14 marzo, con l’eccellente prova di Bertrand Chamayou al pianoforte, al posto del previsto Nikolaj Demidenko, per il Concerto in fa diesis minore di Aleksandr Skrjabin. Dell’autore russo non è frequente l’ascolto dei complessi e raffinati brani sinfonici e pianistici, improntati per la maggior parte ad una visione extra musicale, inneggiante al rinnovamento dell’uomo e al raggiungimento di una visione superiore dell’esistenza, il tutto sorretto, in alcuni casi, da proiezioni luminose, o testi poetici dai ricchi sottintesi esoterici.
Ci si è lasciati inebriare dai ricchi e poliedrici temi del Concerto in fa diesis minore, pagina che unisce rarefatte atmosfere oniriche a incalzanti, ineluttabili momenti di tensione sempre più crescente, sino al raggiungimento di climax catartici funzionali alle visioni filosofiche e spirituali del compositore. Gianandrea Noseda, smaliziato e profondo conoscitore di tutto il repertorio russo, ha condotto col rigore suo consueto, sollecitando l’orchestra sin dalle prime battute in funzione degli apici da raggiungere in ciascun movimento e con una visione d’insieme che ha incentrato sulle due chiuse dei movimenti esterni il culmine del brano. Bertrand Chamayou si è districato con impareggiabile maestria nell’ardua prova di riuscire a inserirsi nel costante flusso dialogico con l’orchestra, mantenendo ben distinta la propria linea musicale, senza indulgere in una ricerca effettistica, ma descrivendo con ricchezza di sfumature e accenti quanto il vulcanico compositore ha voluto proporre. In alcuni momenti è parso molto più apparentarsi a Rachmaninov che alla tradizione ottocentesca, stante il sottolineare percussivo di alcuni passi, in linea con quanto proposto da Rachmaninov stesso di lì a pochissimi anni.
Applausi scroscianti al suo indirizzo, ricompensati da due bis raveliani che hanno permesso di gustare le raffinatezze timbriche del pianista francese.
Medesima passione interpretativa è stata espressa da Noseda nel Poema dell’estasi, pagina nella quale il pluritematismo di Skrjabin trova massima espressione, il tutto sorretto da sottintesi numerologici e dense descrizioni poetiche necessarie per sostenere il pensiero superomista e di rinnovamento che ossessionava letteralmente il suo vivere quotidiano.
Le due complesse pagine sinora descritte, sono state incorniciate dalle Tre danze di Carlo Boccadoro, in prima esecuzione assoluta e dalle celebri Danze Polovesiane di Aleksandr Borodin.
Per le prime, si tratta di brano accattivante che si spera di riascoltare nelle sale da concerto: un arguto distillato dei movimenti di danza, giocato sulla finezza ritmico timbrica e sulle nuances, riassunto in pochi minuti. Meritati gli applausi al compositore presente al proscenio.
Le danze dal Principe Igor di Borodin, invece, sono uno spaccato di quella ricerca musicale che incontrò particolare favore nella Russia di fine Ottocento, dove il popolare o popolareggiante viene ripreso e forgiato a ricreare una atmosfera di sano primitivismo. Noseda gioca molto sul contrasto tra favola orientaleggiante e impeto trionfalistico, così da offrirci un finale di serata improntato a quel edonismo d’ascolto che, talvolta, manca nelle sale da concerto.
Applausi più che convinti diretti sia a Gianandrea Noseda che all’ottima prova della Filarmonica, col gustoso siparietto, che rende vivo il teatro, tra l’anonimo buatore in galleria e il resto del pubblico, orchestrali compresi, a ritmare l’omaggio nei confronti del maestro.
Emanuele Amoroso
Foto: Filarmonica della Scala / G. Gori