Soprano Olga Peretyatko pianoforte Matthias Samuil
Napoli, Teatro San Carlo, 22 settembre 2022
Il ritorno al San Carlo dopo otto anni del soprano russo Olga Peretyatko è di quelli da segnare sul calendario con la proverbiale “pietra bianca”, anche se Napoli ha risposto con una sala che presentava malinconicamente qualche poltrona vuota di troppo; non sono però mancati applausi calorosissimi da parte di un pubblico attento e competente.
La cantante, tra i soprani più acclamati al mondo, ha proposto un programma molto variegato, cantato in quattro lingue, che spaziava dal Don Giovanni a Porgy and Bess, passando per autori brasiliani e operisti francesi e, ovviamente, italiani. Ma, sebbene nel programma di sala si parlasse di “cantare l’opera al pianoforte”, in realtà su diciassette numeri solo sei erano dedicati alle grandi arie romantiche che piacciono tanto ai melomani.
Da subito, Olga Peretyatko ha fissato uno standard estremamente elevato per la serata, iniziando con il rondò di Donna Anna, un “Non mi dir, bell’idol mio” con cui, dal momento in cui le prime note sono risuonate, la Peretyatko ha invitato perentoriamente gli ascoltatori a farsi sedurre dall’incantesimo della sua straordinaria vocalità.
Le delicate nuances romantiche date all’aria di Bizet, “Me voilà seule … Comme autrefois” da Les Pêcheurs de Perles, le hanno permesso di sfoggiare tutta la bellezza e la musicalità della sua voce.
La cantante è poi passata alle arie “di casa sua”, per così dire, con alcune liriche cameristiche di Sergej Rachmaninov; in particolare, nella celebre “Vocalise”, ha sfoggiato la sua ormai piena maturità di interprete, con una linea melodica (un vocalizzo senza parole, ricordiamolo) eseguita con tono cristallino, meno etereo e più denso di un tempo, con un timbro più caldo e ricco di colori.
Con “Sérénade” e con la Juliette di “Ah! Je veux vivre dans le rêve” di Charles Gounod, ha dato sfoggio di intensa passione e agilità terse, con un controllo perfetto del fiato e un ricco fraseggio; e di nuovo, tecnica e grazia impeccabili, ma con maggiore senso teatrale, nelle donizettiane “O luce di quest‘anima” da Linda di Chamounix e Com’è bello… Quale incanto” da Lucrezia Borgia,
Una tenera “Ninna nanna” di Francesco Paolo Tosti ha fatto da preludio al Notturno in do diesis minore di Chopin, uno dei due brani strumentali (l’altro era “Élégie”, dai Morceaux de fantaisie di Rachmaninov). eseguiti dal suo accompagnatore al piano, Matthias Samuil, preciso e attento compagno di viaggio della serata.
L’ultima parte della scaletta è stata dedicata a musicisti del Novecento: i brasiliani Claudio Santoro (“Luar de meu bem”) e Altino Pimenta (“Extrela”), e il celebre “Summertime” da Porgy and Bess di George Gershwin.
Due i bis concessi alle insistenti richieste del pubblico: la delicata e a tratti vertiginosa Villanelle di Eva Dell’Acqua, una compositrice belga (ma di chiare origini italiane) di fine Ottocento, e la tenera, accorata “Signore, ascolta” da Turandot, a suggello di una serata straordinaria, che conferma la Peretyatko come una delle poche grandi stelle del firmamento operistico internazionale.
Lorenzo Fiorito
Foto: Arnaldo Colombaroli