REGER Variazioni e fuga su un tema di Mozart op. 132 STRAUSS Ein Heldenleben
BRAHMS Variazioni su un tema di Haydn op. 56a SCHÖNBERG Variazioni op. 31 BEETHOVEN Sinfonia n. 8 Berliner Philharmoniker, direttore Kirill Petrenko
Lucerna, KKL Konzertsaal, 30-31 agosto 2023
Kirill Petrenko continua a dedicare gran parte della sua attività all’esplorazione di repertori meno battuti, fra sottili relazioni affina con intelligenza le peculiarità e le abilità dei Berliner Philharmoniker in un perfezionamento senza fine. Due sono gli aspetti dominanti che impressionano ascoltandolo insieme alla sua orchestra: il suono dorato, profondo, incredibile e la precisione millimetrica con cui egli concerta e definisce ogni aspetto strettamente compositivo rispetto ai vari livelli di percezione.
Riporta alla luce le variazioni di Reger, spogliandole di ogni dimensione anacronistica, anzi conducendole in uno scenario magico, quello dove — come raccontava Massimo Mila — «Mozart sfiora, nelle apparenze della più infantile semplicità, un presagio inconscio di verità altissime». Un mondo che tuttavia rivive con Petrenko non tanto nella natura di temi e motivi, quanto nell’orchestrazione, la cui opulenza viene ricondotta a un contesto di sogno lontano o di mondo antico, persino quando nel tutti fanno il loro ingresso bassi e ottoni, una dimensione prospettica dove anche piccoli interventi di contorno sono chiose imprescindibili. La delicatezza del suono degli archi si articola come vera filigrana, tanto da sottrarre la partitura a mere citazioni di stampo ottocentesco o a un eccesso di stile, proiettando invece le variazioni verso il Novecento, in visioni e premonizioni di combinazioni timbriche o ritmiche, o intravvedendo rarefazioni ipnotiche nel procedimento manipolatorio delle varianti armoniche.
Questo processo d’inserimento in un più ampio contesto storico emerge anche in Vita d’eroe di Strauss, dove con Petrenko l’entrata dei fiati del secondo episodio sembra ad esempio alludere a certi passaggi del Sacre di Stravinski, o dove altri momenti paiono anticipare respiri mahleriani o persino situazioni espressioniste. Su un altro versante Petrenko mostra infatti quanto questa partitura, ultima di un percorso che toccò in seguito solo due tappe sinfoniche vere e proprie (la Sinfonia domestica e la Alpensinfonie), potesse già guardare ad asprezze, accenti, dinamiche e agogiche del teatro di Salome ed Elektra. Così inserisce Vita d’eroe all’interno di una relazione col futuro prossimo, ma sempre e comunque in una moltitudine di stati d’animo entro una dimensione poetica di immenso respiro. Scioglie l’ipertrofia timbrica nelle sue essenze, in fasce di sonorità e soprattutto di linee cantabili fin da subito, non secondo un generico lirismo ma seguendo un’idea di frasi lunghe. È un viaggio vero e proprio quello che Petrenko sa compiere in Strauss, perfettamente a suo agio nei meandri di questa pagina colossale, in cui scandaglia dettagli e colori portando l’orchestra a una luminosità di tinte che parla attraverso il colore del cantabile. C’è un autentico virtuosismo direttoriale nel controllo capillare e senza alcuna esagitazione, unito a un magistero orchestrale che ottiene ad esempio pianissimi inarrivabili, o alla bravura della nuova spalla dell’orchestra Vineta Sareika-Völkner, impeccabile violinista negli ardui passaggi solistici.
Il concetto di variazione torna nel secondo concerto, sviluppandosi da Brahms a Schönberg ma guardando a Beethoven, uno dei suoi massimi esponenti anche se rappresentato dall’ottava sinfonia. Del resto, se era Brahms il vero progressivo secondo Schönberg, Beethoven è simbolo di modernità universale attraverso la maestria raggiunta nell’arte della variazione applicata anche al modello sinfonico. Nelle Variazioni di Brahms Petrenko rimane analitico, conservando uno sguardo al classicismo nei rapporti fra contrasti o nella leggerezza di figure rapide — terzine o sedicesimi — fra agilità timbriche, o nella brillantezza di un intimismo cameristico. Modella anche il cantabile plasmandolo in limpide geometrie olimpiche, fra dinamiche precisissime e controllate, ma senza sottrarlo mai a un’intima poesia.
Eseguire poi una superiore sintesi delle architetture dodecafoniche di Schönberg è una sfida, specie per un capolavoro come le Variazioni op. 31, partitura imponente e incredibilmente strutturata, aspetti e processi che interessano tipicamente Petrenko. Quello di Petrenko è un mondo poetico che ritrova anche nel serialismo di queste pagine una precisa identità di ogni variazione, ognuna vissuta come tassello di piccoli mondi interiori.
Passando a Beethoven, Petrenko non guarda all’Ottava sinfonia come un ritorno a una dimensione genericamente “ridotta” (rispetto alla sontuosità quasi eroica della precedente Settima), ma la rielabora fra elementi desunti alla luce di tutto quanto composto in precedenza. Ne sviluppa una sua peculiare magniloquenza, affermandone la profonda diversità nel carattere rispetto non solo alle prime due sinfonie, ma soprattutto riguardo alla Quarta, pur muovendosi in una costante trasparenza di fondo. I contrasti diventano imponenti, tutto si accende di continua tensione, persino nell’Allegretto e nel “Tempo di menuetto”, dove prevale un vero gioco dialettico. I momenti di leggerezza restano recintati nelle parentesi di delicatezza cameristica, lasciando invece ampio spazio alla predilezione per le asimmetrie, alle eccitazioni ritmiche e dinamiche, a quanto emerge di rivoluzionario. Il pubblico, in piedi, si infuoca, e piovono ovazioni per due concerti memorabili (il concerto con Reger e Strauss è disponibile dalla sala della Filarmonica di Berlino sulla Digital Concert Hall).
Mirko Schipilliti