BRUCKNER Quinta Sinfonia in Si bemolle maggiore Gustav Mahler Jugendorchester, direttore Kirill Petrenko
Pordenone, Teatro Giuseppe Verdi, 1º giugno 2024
Fondata a Vienna nel 1986-87 su iniziativa di Claudio Abbado, la Gustav Mahler Jugendorchester è considerata, a ragione, l’orchestra giovanile più importante a livello internazionale. Attualmente ha la sua sede di residenza a Pordenone e in questa città ha tenuto, sabato 1º giugno, il primo concerto di un tour primaverile costituito da sei importanti manifestazioni in Italia e in Spagna. Per questo evento è stata proposta l’esecuzione della Quinta Sinfonia di Anton Bruckner, diretta dal celebre Kirill Petrenko, in occasione dei 200 anni della nascita del grande compositore austriaco.
Composta tra il 1875 e il 1877, poi rielaborata nel 1878, l’opera può essere considerata una delle più ampie e complesse architetture sinfoniche dell’autore, oltre che una delle meno apprezzate da parte della critica, probabilmente a causa di una concezione ampiamente stratificata, tesa tra potenti accensioni drammatiche e un fervore non privo di richiami o suggestioni religiose (non a caso, qualche critico l’ha definita Sinfonia “liturgica”, probabilmente per il ricorso ad ampi blocchi in stile di corale e per il fugato del movimento finale), distinguendosi notevolmente dalla precedente, suggestiva Sinfonia “Romantica” e dalla Sesta, con le sue atmosfere “mahleriane”. Ciò che risalta in quest’opera monumentale è la notevole varietà di temi e motivi, spesso variamente frammentati e combinati, uniti a citazioni ed autocitazioni, in un contesto dominato da violenti contrasti dinamici, timbrici ed agogici.
Nel dipanare questo complesso lavoro, l’orchestra giovanile ha pienamente confermato quanto abbiamo già più volte rilevato in diverse altre occasioni: compattezza e unità d’intenti a dir poco straordinarie, suono morbido e pastoso, non comune ricchezza di sfumature dinamiche (memorabili, al riguardo, la resa dell’Adagio iniziale e quella del secondo movimento). Al raggiungimento di tali esiti, decisivo può essere considerato, in particolare, l’apporto degli ottoni, mentre gli archi si sono dimostrati un unico strumento, efficacissimo per morbidezza e coesione. Una nota di merito, infine, è doveroso assegnare all’infaticabile, giovanissima timpanista, capace di rendere tanto più vibranti e coinvolgenti i passaggi più tumultuosi e trascinanti dell’opera (ma anch’essa capace di ottenere sfumature infinitesimali). Tutto ciò è stato ottenuto, comunque, grazie alla puntuale e rigorosa direzione di Petrenko, il quale ha scandagliato a fondo la Sinfonia, offrendone un’immagine sonora assai analitica e dettagliata in ogni minimo risvolto, definendo puntualmente le peculiarità drammatiche dell’invenzione e la singolare varietà di chiaroscuri, a cominciare dall’Adagio introduttivo al primo tempo (Allegro), con i suoi suggestivi pizzicati degli archi gravi (al limite dell’udibile) e il fremito altrettanto impercettibile dei violini, di un velluto assolutamente ammirevole. Se i contrasti drammatici, frequentissimi in ogni movimento, sono stati ampiamente colti ed evidenziati, non meno significativa è stata la resa dei momenti più lirici o introspettivi, culminando, a nostro avviso, nel secondo movimento, costituito da un Adagio in Re minore, teso tra la dolente connotazione del primo tema (affidato all’oboe, sostenuto dai pizzicati degli archi) e il solenne fervore mistico del secondo. Se lo Scherzo. Molto vivace è stato puntualmente colto nella sua trascinante energia ritmica, il movimento conclusivo (Adagio-Allegro moderato) ha potuto contare su una condotta tesa a definire in tutti i suoi dettagli la sua complessa sintesi tematica, sfociando in una doppia fuga (imperniata su un soggetto quanto mai spigoloso), delineata con assoluto rigore, chiarezza e vitalità, prima di sfociare nel solenne corale degli ottoni, reso in tutto il suo splendore timbrico. Il vertice di tale approccio è stato comunque ottenuto con il grandioso crescendo della coda finale, la cui esuberanza ha pienamente coinvolto il pubblico, che ha così tributato entusiastiche ovazioni al direttore e all’intera formazione.
Claudio Bolzan