PIAZZOLLA Tangazo; Tres Tangos; Soledad; Adios Nonino; Le grand Tango bandoneón Mario Stefano Pietrodarchi pianoforte Gianluca Marcianò Quintetto d’archi della Lerici Festival Orchestra
Lerici, Parco di Villa Marigola, 22 luglio 2021
Come tanti altri festival italiani, anche il Lerici Music Festival prende le mosse dalla valorizzazione di uno degli innumerevoli, meravigliosi angoli del nostro Paese: in questo caso il Golfo dei Poeti, all’estremità orientale della Liguria, dove dal 2017 l’Associazione Suoni dal Golfo organizza una serie di concerti che ormai sono giunti ad occupare ben tre settimane (dal 16 luglio al 7 agosto) e a coinvolgere una serie di grandi nomi, sia italiani che stranieri. Basta, d’altronde, gettare un occhio al programma 2021: giovani talenti italiani come Anna Tifu, Francesca Dego, Costanza Principe, Erica Piccotti, Ludovica Rana, Massimo Spada e divi internazionali come Yuja Wang (che però ha cancellato tutte le sue date italiane) e Andreas Ottensamer, senza dimenticare Khatia Buniatishvili, Joseph Calleja, Carmen Giannattasio e altri ancora. C’è anche un’orchestra: la Lerici Festival Orchestra, assemblata con cura da Gianluca Marcianò, direttore artistico e vera anima del festival, che permette anche grandi appuntamenti sinfonici, quasi tutti tenuti nel parco della meravigliosa Villa Marigola (accento sulla i…) ove è stata allestita una camera acustica di eccellente funzionalità, come sottolineato, in apertura del concerto cui ho assistito, dal direttore generale Maurizio Roi.
E la gestione economica di un festival così ambizioso dipende — come mi ha confessato lo stesso Marcianò — più che dai fondi pubblici, dalla generosità e dalla fidelizzazione di un ampio gruppo di donatori privati, molti dei quali americani o russi, che nei Paesi dell’est Europa è ben noto e apprezzato. Ed è proprio il musicista ligure ad esibirsi al pianoforte assieme a cinque giovani musicisti dell’orchestra per accompagnare il celebre bandoneonista Mario Stefano Pietrodarchi in una serata dedicata ad Astor Piazzolla, a cent’anni dalla sua nascita: in programma alcune pagine meno note rispetto a quelle che hanno garantito la fama al musicista argentino, ma non certo meno interessanti. E le trascrizioni (alcune delle quali curate da Dmitri Jurowski) si sono rivelate sempre interessanti, quando non rivelatrici: passare dal violoncello al bandoneón nel Grand Tango dava alla pagina nuovi spunti e nuova luce. Anche perché Pietrodarchi respira all’unisono con il suo strumento, ne sa cogliere umori e colori, con una sobrietà e un’intensità talvolta dolorosi: per non parlare della sua capacità di trascinare in una spinta comune il quintetto d’archi, che sembrava a volte esitante nell’abbandonarsi alla musica di Piazzolla. Una serata estremamente piacevole e riuscita, per un festival che si sta rapidamente facendo luce come uno dei più interessanti dell’estate italiana.
Nicola Cattò
Foto: Fabio Gianardi